Folli... Previsioni

Grandi manovre in corso nel centrodestra e risultati tuttaltro che scontati. Personalmente ritengo possibili le elezioni anticipate, gli interventi di Fini lo stanno ponendo in una posizione scomoda al Cavaliere, che non ama gli antagonisti nel suo stesso schieramento. Staremo a vedere, tutto sommato dalle elezioni potrebbero anche scaturire delle belle sorprese. Bye, Rex

L'EDITORIALE DI FOLLI SUL "SOLE" DI IERI CHE HA RESO NERO IL CAV. -ECCO IL PENSIERO DEL QUIRINALE: VIVA FINI, VIVA LA DESTRA ISTITUZIONALE! - SCRIVE FOLLI: "FINI Ha sostenuto, sulla falsariga di Napolitano, che è necessario cercare una via condivisa per fare le riforme"...

Stefano Folli per "Il Sole 24 Ore" (By Dago)

Gli interventi pubblici pressoché quotidiani di Gianfranco Fini sono sempre ispirati al buonsenso, ma costituiscono ormai altrettante stilettate inflitte al presidente del Consiglio. Intendiamoci: nel merito le parole di Fini sono ineccepibili. Nessuno può negare che le elezioni anticipate in questo momento - ipotesi di cui si vocifera nella maggioranza - equivarrebbero a un fallimento del Popolo della libertà. Il partito nato con tanta enfasi sul famoso predellino milanese, il partito più che premiato dagli elettori, dovrebbe confessare la sua impotenza.

Ove mai il capo dello Stato sciogliesse le Camere, il voto si svolgerebbe in uno scenario obbligato: Berlusconi solo contro tutti alla ricerca di un'estrema investitura plebiscitaria. Il presidente della Camera ha detto che tutto questo sarebbe un grave fallimento del centrodestra, appena un anno e mezzo dopo il grande successo alle politiche del 2008.

Come dargli torto? Del resto, ben pochi credono all'ipotesi elettorale. Non le vuole Fini, ma soprattutto piacciono poco a Bossi, che le vede come una deriva distruttiva: si possono minacciare, se serve nel gioco politico, ma sono da evitare.

Ieri il co-fondatore del Pdl è tornato su un tema non nuovo, ma destinato in questi frangenti a creare scalpore. Ha sostenuto, sulla falsariga di Napolitano, che è necessario cercare una via condivisa per fare le riforme. In altri termini, è pericoloso che ogni maggioranza si aggiusti a suo piacimento il profilo istituzionale del paese. Anche in questo caso il discorso è un modello di equilibrio. Tuttavia è evidente che produce un'ulteriore frattura tra il premier e il presidente di Montecitorio.

Berlusconi e Napolitano

La verità è che esistono due destre. Una è politica, incarnata intorno alla leadership berlusconiana e oggi piuttosto frustrata. L'altra è istituzionale, costruita intorno a Fini e votata a una sorta di " riconciliazione nazionale", visto che le sue ricette piacciono all'interno di un arco politico molto ampio e in particolare sono gradite nel centrosinistra. Queste due destre convivono a fatica.

La prima, quella berlusconiana, è tentata di "buttare all'aria il tavolo" - secondo il consiglio rivolto ieri al premier da Francesco Cossiga sul "Giornale". Ma è più facile a dirsi che a farsi, anche se Berlusconi - mai così silenzioso come in questi ultimi giorni- soffre sempre di più l'assedio a cui si sente sottoposto e vorrebbe tanto proporre agli italiani qualche colpo di scena.

GIANFRANCO FINI


La seconda, la destra istituzionale, lavora su tempi medio-lunghi. Non ha il problema di logorarsi perché la sua forza non è nel consenso popolare diretto, bensì appunto nelle istituzioni. Si preoccupa di sanare gli strappi e le lacerazioni vere o presunte al tessuto costituzionale. Punta, senza mai affermarlo in modo esplicito, a una fase successiva, quando si tratterà di ricomporre ciò che la stagione berlusconiana, nel suo acceso dinamismo, ha diviso.

È chiaro che Fini è ancora quasi solo. Così come è vero che le sue ricette equilibrate, per esempio sulle riforme condivise, suonano come un potere di veto regalato alla sinistra. Non a caso il suo omologo del Senato, Schifani, ha detto: «Abbiamo perso anche troppo tempo».

Ma la sensazione è che il momento della verità si stia avvicinando. La questione del "processo breve" e l'ipotesi di una legge costituzionale sulle immunità sarà il banco di prova. Capiremo allora se tra la destra politica e quella istituzionale c'è ancora spazio per una mediazione.

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