Dibattito sulla Mignottocrazia - Pt. II

Oggi i Guzzanti la fanno da padrone, terzo post dedicato a loro e secondo in particolare al papà! Bye, Rex

INTERVISTA A PAOLO GUZZANTI
Fabrizio d'Esposito per "il Riformista"

«La meretrice che ha ben...». Il resto lo potete leggere sul sito in onore della "Rivoluzione Italiana": www.paologuzzanti.it. Nell'ultimo post del suo blog, il giornalista e parlamentare azzurro, nonché padre di Sabina e Corrado, torna all'attacco di Mara Carfagna (che annuncia querela). E col passare delle ore gli aggiornamenti sono continui. Alle cinque della sera è spuntato anche «mignottocrazia».

Onorevole, è un tormentone il suo.
C'è un fatto nuovo.

Cioè?
Alcuni colleghi di centrodestra, tutte persone che ritengo perbene e mai sopra le righe, mi hanno riferito di aver letto le intercettazioni hard sulla Carfagna e il Cavaliere.

Si parla solo di lei?
No, anche di altre esponenti di governo. Ma il punto non sono i nomi.

E qual è il punto?
È una questione di moralità. È possibile diventare ministro solo in base alle relazioni personali che si hanno con il premier? Questa è democrazia?.

Lei dice le stesse cose di sua figlia.
Sabina Guzzanti è una donna di 45 anni che ha una fama mondiale superiore alla mia. Io sono stato tirato per i capelli in questa polemica dalla stessa Carfagna dopo il comizio di Sabina a piazza Navona.

Però adesso torna alla carica.
Perché, appunto, mi hanno parlato delle trascrizioni. Sono cose orripilanti, indegne di una democrazia. E sono in mano a un noto direttore di giornali.

Chi?
Niente nomi.

Da quanto tempo non parla con Berlusconi?
È lui che ha interrotto ogni comunicazione con me. Non io. Gli ho scritto anche delle lettere ma non mi ha mai risposto. Questo silenzio dura da un anno. Mi ha mollato dopo la commissione Mitrokhin.

Però è stato ricandidato e continua a scrivere sul Giornale di famiglia?
Nel 2006 avevo il terzo posto nel Lazio al Senato. Stavolta mi hanno dato il 17 alla Camera, sempre nel Lazio. È stata un'elezione per caso, fortunosa.

E il Giornale?
Prima scrivevo due volte alla settimana, adesso una al mese.

Ma perché non va via dal Pdl?
Me lo chiedono in tanti. Io rispondo: "Perché dovrei?". Sto in un partito che si chiama Popolo della libertà. Li-ber-tà. Capito?

Però di libertà lei ne ha pochissima.
Perché nel Pdl è tutto in funzione del Capo. Sembra di stare in una democrazia orientale. Silvio è il nuovo Kim Il Sung.

Non Putin?
La mia opinione su Putin è un altro motivo del mio isolamento. Io sono stato mandato al macello contro il nuovo Kgb. Berlusconi è il capo del partito filorusso italiano che piace tanto a sinistra. Per questo Silvio fa il tifo per Obama. Se vince McCain, la Russia potrebbe essere cacciata dal G8.

A dire il vero anche lei fa il tifo per Obama.
È una scelta obbligata: se a McCain viene un coccolone al suo posto va la Palin. Una da rinchiudere in una casa di cura.

2 - PAOLO GUZZANTI E LA "MIGNOTTOCRAZIA"
Gad Lerner per www.gadlerner.it

Paolo Guzzanti da giovane riuscì a riciclare la sua incontinenza verbale in talento giornalistico. Oggi riesplode pirotecnica contro il ministro Carfagna, colpevole di una carriera politica ingiustificabile se non -a suo dire- per meretricio. Che lui descrive nel dettaglio della prestazione, manifestando scandalo per la capricciosità con la quale Lui, il Capo, si arroga il diritto di favorire gli intimi destinandoli a incarichi per cui non hanno la dovuta competenza.

Coniato il neologismo "mignottocrazia", senza risparmiarci neppure l'esplicito riferimento all'uccello sovrano e ai servizi da esso ricevuti, Guzzanti parrebbe l'inventore di una nuova forma di dissenso politico. Ma non è così, purtroppo. Così com'era inefficace, la sera in cui il Capo difese Putin e criticò il governo georgiano, replicargli con un "Berlusconi mi fa vomitare".

Dovremmo apprezzare il coraggio? O unirci a lui nel complice sogghigno? O rintracciare per li rami della genealogia guzzantiana le analogie contenutistiche con la satira filiale? Io che a Guzzanti ho voluto bene, e l'ho stimato come collega, ci vedo purtroppo solo l'esito terminale di una dissipazione. E la di lui scoperta di quanto il linguaggio viriloide della destra possa risolversi in massacro. A chiosa del suo primo intervento critico pubblicato dal "Giornale" un mese fa, ricordo un corsivetto al curaro. Gli si garantiva totale libertà d'espressione, almeno fin tanto che lui non traslocasse in altra testata. Salvo ammonire i futuri destinatari dei suoi pezzi circa la fatica necessaria a passarli, per via delle loro sgrammaticature. Così si buca la pancia a uno dei maestri della scrittura giornalistica, da quelle parti.

Verrebbe da dire: Paolo, ben ti sta. Hai avuto bisogno di veder insolentire tua figlia a tutela della Carfagna, per accorgerti della menzogna in cui ti eri arruolato per dispetto a Scalfari, Mauro e la sinistra da cui provenivi? E ora vorresti che scegliamo tra te, novello Pasquino, e la signora ministro di cui irridi le prestazioni? Tra la padella e la brace?
Che la Carfagna trasudi inautenticità, se ne avvedono tutti senza bisogno di scadere nella misogenia italica. Ma che la tua autenticità sappia d'amaro come la bile, è l'esito doloroso di un itinerario già scritto.

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