Stivale-Mania!

Lo stivale tira, ormai dilaga ovunque ed è un accessorio per tutte le stagioni. Mi chiedo però se i piedi siano contenti di essere incapsulati anche con temperature che superano i 30°!

Per voi un interessante approfondimento sulla metamorfosi transessuale di queste fasce intorno a tibie e polpacci. Bye, Rex

ESTATE, INVERNO, PRIMAVERA, IL FETICISMO PER LA CALZATURA SADOMASO PER ECCELLENZA ORMAI COPRE TUTTO L’ANNO
IL GIOCO DEGLI STIVALI TRANSESSUALI
Marco Belpoliti per "La Stampa"

Arrivata l'estate ho pensato: spariranno. E invece no. Per il secondo anno consecutivo, con l'inizio della bella stagione gli stivali non sono scomparsi dal guardaroba femminile esibito per strada e nei luoghi pubblici. Cambia solo il materiale con cui sono fabbricati: pelle scamosciata, tessuto, maglia, pellami sottili. E ora che siamo alle soglie dell'inverno, non si può far altro che constatare che tutto l'autunno è stato segnato dal dilagare dello stivale. Li vedi in treno e in ufficio, alla serata mondana e fuori da scuola, al supermercato e nella sala d'attesa del medico. Estate o inverno, lo stivale femminile è oramai un capo per ogni stagione dell'anno.

Se avessi fatto attenzione all'etimologia, non mi sarei stupito più di tanto. Apparsa nel XIII secolo, la parola «stivale» secondo i linguisti viene da aestivale, calzatura d'estate. Come termine compare persino nella Regola di San Benedetto; il suo significato sarebbe: «fasce intorno alle tibie, ai polpacci per tenere caldo come le nostre calze». In origine si calzava sino quasi all'inguine, poi col passare dei secoli la sua lunghezza si è ridotta. Si parla sempre più di «stivaletti», i quali arrivano poco più su del collo del piede maschile e femminile, e anche dei bambini. Lo stivaletto femminile compare in molti racconti dell'Ottocento dove svolge una evidente funzione erotica.

Il piede calzato, ce l'ha spiegato Freud, è uno degli «oggetti» che catalizzano le perversioni sessuali: pars pro toto. Così lo stivaletto, che si allaccia con bottoni fitti, quasi fino alla coscia femminile, è uno dei protagonisti dei trattati di psichiatria e psicologia, come la Psychopathia sexualis di Richard von Krafft-Ebing, professore a Vienna alla fine dell'Ottocento: vedi alla voce «Feticismo della scarpa». Lo stivaletto nero, lucidissimo, elegante, eccita i protagonisti delle biografie redatte da Krafft-Ebing. Forse questa è la vera spiegazione della ripresa dello stivale nell'ambito della moda femminile. Una ripresa, perché già negli Anni 60 s'era visto, ma allora in chiave decisamente anticonformista, quasi una competizione, o opposizione, con lo stivale maschile, e abbinato alla minigonna.

Ora è diverso. Perché? Come ha osservato qualche tempo fa Jean Baudrillard, «il corpo sessuato è consegnato oggi a una sorta di destino artificiale». Lo stivale rappresenta uno degli aspetti della trasformazione in senso transessuale della moda femminile. Siamo infatti al di là della moda stessa, in quello che Baudrillard definisce il look, «una sorta di immagine minimale a bassissima definizione». Il look non provocherebbe più lo sguardo o l'ammirazione, come accadeva per la moda, bensì «un puro effetto speciale». La donna imita l'uomo e l'uomo imita la donna. Uno scambio di forme, per cui certi aspetti del femminile si travasano nel maschile, ma anche viceversa.

Tutto questo implica «un passaggio intermedio verso la confusione dei generi». La transessualità, che connota la nostra epoca, non riguarda un fatto anatomico, bensì l'artificio. Meglio: il travestimento e la commutazione dei segni del sesso. Gli stivali ritornano come elemento di transessualità: il gioco dell'indifferenza sessuale che si sostituisce al gioco della differenza sessuale degli Anni 70 e 80. Siamo tutti, dice Baudrillard, dei transfughi del sesso.

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