Siamo Stato NOI

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NON SONO STATO, IO. SIAMO STATO, NOI... (By Dagospia)
Sulla Stampa, Massimo Gramellini riassume bene "un successo senza padri" (p.1). "Chi ha perso? Berlusconi, Bossi, l'idea che il Privato sia sempre e comunque meglio del Pubblico, i telegiornali di regime che hanno cercato di abrogare i referendum dalla testa degli spettatori. Chi ha vinto? Una rabbia e una speranza indefinite, il Noi che torna dopo tanto tempo a prevalere sull'Io, migliaia di cittadini riuniti nelle nuove famiglie elettroniche dei social network, dove si va a votare perché ti ha informato l'amico e non il partito.
Tra i due elenchi, una differenza salta subito agli occhi. In quello degli sconfitti ci sono due leader (ancorché anziani), mentre tra i vincitori nemmeno uno. Poteva esserlo Di Pietro, ma è stato abbastanza furbo da fare un passo indietro. Vorrebbe esserlo Bersani, ma appena ha provato a intestarsi il trionfo è stato zittito dal resto della compagnia". 
Un successo senza padri (Massimo Gramellini per La Stampa)
Chi ha perso? Berlusconi, Bossi, l’idea che il Privato sia sempre e comunque meglio del Pubblico, i telegiornali di regime che hanno cercato di abrogare i referendum dalla testa degli spettatori. Chi ha vinto? Una rabbia e una speranza indefinite, il Noi che torna dopo tanto tempo a prevalere sull’Io, migliaia di cittadini riuniti nelle nuove famiglie elettroniche dei social network, dove si va a votare perché ti ha informato l’amico e non il partito. Tra i due elenchi, una differenza salta subito agli occhi. In quello degli sconfitti ci sono dei leader (ancorché anziani), mentre fra i vincitori nemmeno uno. Poteva esserlo Di Pietro, ma è stato abbastanza furbo da fare un passo indietro. Vorrebbe esserlo Bersani, ma appena ha provato a intestarsi il trionfo è stato zittito dal resto della compagnia.

La verità è che se pensi al referendum sul divorzio ti viene in mente Pannella. Se pensi a quelli sulla partitocrazia, Mariotto Segni. Invece le vittorie su acqua, nucleare e legittimo impedimento non possono essere collegate a nessun politico. Al massimo a Celentano e Santoro.

Di solito sono le sconfitte a non avere padri. Ma qui sta succedendo il contrario. Prima le elezioni amministrative di Milano e Napoli hanno premiato due eretici. E adesso i referendum, vinti da cittadini che sono tornati a credere nella politica, ma non nei politici. Un movimento di massa sganciato dai partiti, che sancisce il declino dei due capi-popolo più potenti dell’ultimo ventennio, ma non incorona nessuno al posto loro, perché in nessuno riconosce una figura davvero estranea alla Casta.

Questo movimento è un magma rovente che si condenserà in qualcosa di inedito o di antico, ma solo a patto di incontrare qualcuno capace di dargli uno sbocco. Veniamo da anni di personalizzazione eccessiva, dove ai leader si è voluto delegare anche troppo, trattandoli come anfore luminescenti nelle quali versare tutte le nostre aspettative e i nostri pensieri migliori (o peggiori). Un meccanismo tipico dell’innamoramento. A cui hanno fatto seguito, come in tanti innamoramenti, le montagne russe della delusione trasmutata in rabbia, poi in nausea e infine in una fuga percorsa da volontà di riscossa. Ma non si può restare orfani di padre troppo a lungo. Ogni mutazione sociale ha bisogno di interpreti forti. E perché avvenga dentro i canoni della democrazia, richiede da questi interpreti qualità non solo carismatiche, ma di sostanza: la competenza, la sobrietà, il demone del riformismo. Quel talento del vero leader che consiste nell’anticipare i bisogni profondi dei cittadini, anziché inseguirli lungo la china demagogica dei sondaggi. La fine sfilacciata ma inesorabile del berlusconismo sorprende l’Italia senza padri, a destra e a sinistra. Magari il futuro prossimo ci riserva personalità ancora ignote o sotto traccia. Ma per il momento l’ironia della sorte è che i nomi più appetibili sul mercato - da Casini a Matteo Renzi a Rosi Bindi - sono tutti democristiani. Come se questo Paese non potesse essere nient’altro, nel bene e nel male.

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