Fame Globale

Su clima e fame, cooperazione globale, non ci resta che fare il tifo per l'elefante ONU... sperando che si muova! Bye, Rex

• da Corriere della Sera del 3 luglio 2008, pag. 38 di Ban-Ki Moon

La crescita globale è il filo conduttore della nostra epoca. La grande espansione economica, giunta al suo quinto decennio, ha aumentato il tenore di vita mondiale sottraendo miliardi di individui alla povertà. Eppure oggi molti si chiedono per quanto ancora potrà durare questa situazione. Il motivo: l’abbondanza ha un costo sempre maggiore. Lo vediamo quotidianamente nell’aumento del prezzo del carburante, del cibo e delle materie prime. I consumatori nei Paesi sviluppati temono il ritorno della «stagflazione» - cioè l’inflazione accompagnata dal rallentamento della crescita o una vera e propria recessione - mentre i più poveri dei poveri non possono più permettersi di mangiare.

Mentre i leader del G8 si riuniscono a Hokkaido Toyako, sappiamo che questi sono problemi che riguardano tutti noi: il nord e il sud, le nazioni grandi e piccole, i ricchi e i poveri. Sappiamo che dobbiamo trovare il modo di estendere i benefici del boom mondiale al «miliardo di ultimi», coloro che sono stati abbandonati. Per affrontare problemi di tali dimensioni e complessità, c’è un solo approccio possibile: vederli per quello che sono, parte di un tutto, riconducibili a una soluzione esaustiva. Gran parte di questa soluzione dovrebbe essere quella che alcuni economisti definiscono una «risposta globale dal lato dell’offerta», basata sullo sviluppo sostenibile - dagli Stati alle istituzioni finanziarie internazionali, le Nazioni Unite e i suoi vari enti, impegnati in uno sforzo comune.

Prendiamo per cominciare la crisi alimentare mondiale. Ha molte cause, tra queste negare allo sviluppo agricolo l’importanza che merita. Quello che serve, in effetti, è una seconda «rivoluzione verde» come quella che trasformò il Sudest asiatico, ma questa volta con una attenzione particolare sui piccoli agricoltori in Africa. Con la giusta combinazione di programmi, non c’è, motivo per cui la produttività non possa essere raddoppiata in un tempo relativamente breve, attenuando la carestia in tutto il mondo. E già successo con il Malawi che, grazie agli aiuti internazionali, in pochi anni è passato da Paese in preda alla carestia a Paese esportatore di generi alimentari.

Anche con il cambiamento climatico, lo sviluppo sostenibile rappresenta la soluzione migliore. La maggior parte degli esperti concorda sul fatto che ci avviciniamo alla fine dell’epoca dell’energia a basso costo. Tra le soluzioni che maggiormente auspichiamo per un’energia più pulita e accessibile ci sono le tecnologie alternative. Anche in questo caso è iniziata una nuova «rivoluzione verde». Secondo un nuovo rapporto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Ambiente, l’anno scorso i nuovi investimenti per il settore dell’energia sostenibile sono ammontati a 148 miliardi di dollari, cioè un 60 per cento in più rispetto al 2006, e questo settore rappresenta un 23 per cento della capacità di produzione energetica totale. Possiamo fare un grande passo in avanti a Hokkaido. Memore delle nostre responsabilità verso le nazioni più povere, più vulnerabili ai cambiamenti climatici, dobbiamo finanziare in toto e mettere in funzione il Global Adaptation Fund. In attesa del vertice sul cambiamento climatico di dicembre a Poznan e, in seguito, di quello di Copenaghen nel 2009, dobbiamo perseverare nei negoziati per un accordo esaustivo per limitare le emissioni di gas a effetto serra. Soprattutto, dobbiamo infondere un sentimento di urgenza e fornire una reale leadership a questa ricerca. Non basta fissare obiettivi per il 2050, una data troppo lontana. Dobbiamo anche fissare un obiettivo a medio termine, nel 2020, se davvero vogliamo promuovere il cambiamento. Infine, Hokkaido metterà alla prova il nostro impegno verso gli obiettivi di sviluppo del Millennio. Per l’Africa solamente, i donatori hanno promesso 62 miliardi di dollari all’anno per il 2010. In nessun periodo della storia recente l’economia globale è stata messa a una tale dura prova. Più che mai, questo è il momento di dimostrare che siamo in grado di cooperare in maniera globale per fornire risultati concreti: nel soddisfare le necessità degli affamati e dei poveri, promuovere le tecnologie per l’energia sostenibile per tutti, salvare il mondo dai cambiamenti climatici e far sì che si mantenga la crescita dell’economia mondiale.

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