Pertini - 20 anni dopo

Oggi ricorre il ventennale della scomparsa di Sandro Pertini. Non posso dimenticare il giorno in cui, alunno delle elementari, ebbi la fortuna di salire al Quirinale per una visita scolastica e fui scelto per fare una domanda. Mi ero preparato, grazie al suggerimento del Fratellone Giornalista, e timidamente gli chiesi: "Presidente, che cos'è per lei la Libertà?". A quell'età non capii il profondo significato di quella domanda, fatta a un protagonista della Resistenza e della rinascita di questo Paese. A distanza di tanti anni, mi resta un bel ricordo e l'immagine di un Grande Italiano, con valori profondi e semplici, quasi dimenticati. Credo siamo in tanti a rimpiangerlo, Rex

Scomparso 20 anni fa
PERTINI, IL PRESIDENTE PIU' AMATO DAGLI ITALIANI
(Andrea Vignoli - novionline.net)

20 anni fa, il 24 febbraio 1990, ci lasciava Sandro Pertini. Settimo Presidente della Repubblica Italiana, era nato a Stella San Giovanni, in Provincia di Savona, il 25 settembre 1896.
A distanza di anni, gli italiani lo ricordano con affetto per la sua grande umanità e capacità di comunicare con semplicità, facendo così in modo di avvicinare le istituzioni al popolo. Fu Presidente in anni difficili che passeranno alla storia come anni di piombo.

Nell'aprile del 1984 il Presidente Pertini venne alla Benedicta per i 40 anni della strage nazifascista, accompagnato da una enorme folle di ex partigiani e antifascisti.
Durante la Prima Guerra Mondiale, Pertini combatté sull'Isonzo, e per diversi meriti sul campo gli fu conferita una medaglia d'argento al valor militare nel 1917. Nel Dopoguerra aderì al Partito Socialista Italiano e si distinse per la sua energica opposizione al fascismo. Perseguitato per il suo impegno politico contro la dittatura di Mussolini, nel 1925 fu condannato a otto mesi di carcere, e quindi costretto a un periodo di esilio in Francia per evitare una seconda condanna. Continuò la sua attività antifascista anche all'estero e per questo, dopo essere rientrato sotto falso nome in Italia nel 1929, fu arrestato e condannato dal Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato prima alla reclusione e successivamente al confino.
Nel 1943, alla caduta del regime fascista, fu liberato, e partecipò alla battaglia di Porta San Paolo nel tentativo di difendere Roma dall'occupazione tedesca. Contribuì poi a ricostruire il vecchio PSI fondando insieme a Pietro Nenni il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria. Nello stesso anno fu catturato dalle SS e condannato a morte, ma riuscì a salvarsi grazie a un intervento dei partigiani dei GAP.
Divenne in seguito una delle personalità di primo piano della Resistenza italiana e fu membro della giunta militare del Comitato di Liberazione Nazionale in rappresentanza del PSIUP. Da partigiano fu attivo soprattutto in Toscana, Val d'Aosta e Lombardia, distinguendosi in diverse azioni che gli valsero una medaglia d'oro al valor militare. Nell'aprile 1945 partecipò agli eventi che portarono alla liberazione dal nazifascismo, organizzando l'insurrezione di Milano, e votando il decreto che condannò a morte Mussolini e altri gerarchi fascisti.
Nell'Italia repubblicana fu eletto deputato all'Assemblea Costituente, quindi senatore nella prima legislatura e deputato in quelle successive, sempre rieletto dal 1953 al 1976. Ricoprì per due legislature consecutive, dal 1968 al 1976, la carica di Presidente della Camera dei deputati, per essere infine eletto Presidente della Repubblica Italiana l'8 luglio 1978.

Secondo Pertini, le emozioni provate durante la Liberazione di Milano furono un'esperienza che confermarono la sua idea della «capacità del popolo italiano di compiere le più grandi cose qualora fosse animato dal soffio della libertà e del socialismo». Tuttavia, come spesso egli ricordava malinconicamente, mentre il 25 aprile partecipava alla festa per l'avvenuta liberazione, suo fratello minore Eugenio veniva assassinato nel campo di concentramento di Flossenbür.
Dopo aver giurato come Presidente della Repubblica, nel suo discorso d'insediamento Pertini ricordò il compagno di carcere ed amico Antonio Gramsci, e sottolineò la necessità di porre fine alle violenze del terrorismo ricordando, tra l'altro, la tragica scomparsa di Aldo Moro. Da notare come in precedenza lo stesso Pertini avesse evitato la candidatura al Colle «Non mi sarei proprio sentito a mio agio, lì al Quirinale! Infatti ogni volta che qualcuno tentava di farmi eleggere, io appoggiavo un altro candidato». La decisione di accettare l'incarico fu probabilmente dovuta alla particolare situazione politica creatasi dopo le accuse a Leone e le relative dimissioni.
Nel periodo della sua permanenza al Colle contribuì a fare della figura del Presidente della Repubblica l'emblema dell'unità del popolo italiano. La sua statura morale contribuì al riavvicinamento dei cittadini alle istituzioni, in un momento difficile e costellato di avvenimenti delittuosi come quello degli anni di piombo. Per un certo periodo Pertini diventò infatti "il presidente dei funerali di stato": se il funerale di Guido Rossa, davanti a 250.000 persone, diventò l'occasione per un forte attacco alle Brigate Rosse, il momento forse più cupo fu il funerale dopo la strage di Bologna. Introdusse poi il rito del "bacio alla bandiera" tricolore, che sarebbe divenuto usuale anche per i suoi successori.
Nel 1979 diede l'incarico (senza successo) di formare il governo a Bettino Craxi, suscitando scalpore negli ambienti politici e preparando così il terreno per il primo governo a guida socialista della Repubblica. Pertini fu comunque il primo presidente della Repubblica a conferire l'incarico di formare il governo ad una personalità non democristiana, Giovanni Spadolini, il quale presentò il Governo Spadolini I il 28 giugno 1981.
In seguito al terremoto in Irpinia del 23 novembre 1980, nell'invocare la repentina risposta dei soccorsi all'immane tragedia dei terremotati, lanciò l'appello «Fate presto», frase apparsa il giorno seguente a nove colonne sul quotidiano Il Mattino di Napoli.
Dopo la sua visita in Irpinia, il 26 novembre, pochi giorni dopo la tragedia denunciò pubblicamente l'impotenza e l'inefficienza dello Stato nei soccorsi in un famoso discorso televisivo a reti unificate, in cui sottolineò la scarsità di provvedimenti legislativi in materia di protezione del territorio e di intervento in caso di calamità e denunciò quei settori dello Stato che avrebbero speculato sulle disgrazie come nel caso del terremoto del Belice.

Assunse sempre un atteggiamento di intransigente denuncia nei confronti della criminalità organizzata denunciando «la nefasta attività contro l'umanità» della mafia e ammonendo sempre a non confondere i fenomeni criminosi della mafia, della camorra e della 'ndrangheta con i luoghi e le popolazioni in cui sono presenti.
Nel febbraio 1983, tra lo stupore generale visitò in ospedale il giovane Paolo Di Nella, militante del Fronte della Gioventù, in coma per essere stato colpito alla testa da un sasso mentre affiggeva dei manifesti, e che nei giorni successivi morì.
La presidenza di Pertini favorì l'ascesa del primo socialista italiano alla guida di un governo. Già nel 1979 il presidente aveva dato un incarico (senza successo) a Bettino Craxi. Nel 1983, diede nuovamente l'incarico di formare il governo a Craxi, che stavolta realizzò l'intento di Pertini. Per due anni e per la prima volta nella storia d'Italia, furono socialisti sia il presidente della Repubblica, sia il presidente del Consiglio dei Ministri. Ciò nonostante, Pertini ebbe con Craxi rapporti altalenanti, dovuti essenzialmente alla diversa formazione e temperamento. Pertini spesso non condivise le mosse politiche craxiane, come nel caso del XLIII Congresso a Verona, il 15 maggio 1984, in cui Bettino Craxi venne eletto segretario per acclamazione anziché con la consueta votazione. I rapporti tra i due politici comunque si mantennero su un piano di cordialità e rispetto, nonostante non si amassero. Antonio Ghirelli, allora portavoce del Quirinale, riporta che Pertini, il giorno in cui doveva conferire a Craxi l'incarico di presidente del Consiglio, notò che il segretario socialista si era presentato al Colle indossando dei jeans e gli intimò di ritornare con un abbigliamento adeguato.
Il suo pensiero politico può essere efficacemente espresso da alcune frasi tratte da una sua intervista:
« Per me libertà e giustizia sociale, che poi sono le mete del socialismo, costituiscono un binomio inscindibile: non vi può essere vera libertà senza la giustizia sociale, come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà. Ecco, se a me socialista offrissero la realizzazione della riforma più radicale di carattere sociale, ma privandomi della libertà, io la rifiuterei, non la potrei accettare. Ma la libertà senza giustizia sociale può essere anche una conquista vana. Si può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha un lavoro, che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli e educarli? Questo non è un uomo libero."
La sua costante presenza nei momenti cruciali della vita pubblica italiana, nelle situazioni piacevoli come nei momenti difficili, è stata probabilmente uno dei motivi della sua grande popolarità. Spesso è stato definito come il "presidente più amato dagli italiani", ricordato per l'amore verso l'Italia, per il suo carisma, per il suo modo di fare schietto e ironico, per l'onestà, per l'amore verso i bambini (a cui prestava molta attenzione durante le visite giornaliere delle scolaresche al Quirinale) e per aver inaugurato un nuovo modo di rapportarsi con i cittadini, con uno stile diretto e amichevole («amici carissimi, non fate solo domande pertinenti, ma anche impertinenti: io mi chiamo Pertini... »). La schiettezza e la pragmaticità di Pertini si riflesse inoltre anche nella sua azione politica ed istituzionale, facendolo apparire come un presidente che puntava alla concretezza, rifiutando compromessi e imponendosi con il suo rigore morale.
Pertini fu tra i presidenti che scelsero di non abitare nel Palazzo del Quirinale, mantenendo la propria residenza nel suo appartamento romano, secondo lo stesso Pertini per espresso desiderio della
moglie. Visse infatti per molti anni in un attico che s'affaccia sulla fontana di Trevi. Gli abitanti del quartiere lo incontravano spesso, quando la mattina la macchina andava a prenderlo per andare "in ufficio" al Quirinale senza grandi apparati di sicurezza.
Spesso si ricorda la sua presenza ai tentativi di salvataggio di Alfredino Rampi, un bambino di sei anni di Vermicino caduto in un pozzo nel 1981, e la sua esultanza allo stadio di Madrid per la vittoria ai Campionati del mondo di Calcio del 1982 (di fronte ad un impassibile re Juan Carlos). L'immagine dei festeggiamenti per la vittoria della nazionale a Madrid nel 1982 avrebbe inoltre generato, anni dopo, il nome del cocktail "Pertini", diffuso in Spagna negli ambienti studenteschi.

SI RINGRAZIA WIKIPEDIA

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