No Smoking Be happy

Ero convinto che il vizio del fumo fosse destinato progressivamente a calare nelle brutte abitudini degli Italiani. Mi sbagliavo, è evidente che la percentuale dei dipendenti da nicotina è tornata a salire, del resto c'è la crisi e... Tutti dobbiamo morire... prima o poi! Contenti voi... Saluti intossicati, Rex

(Campagna di comunicazione per la lotta contro il fumo di sigaretta articolata in sei iniziative a cura della Fondazione Umberto Veronesi. Obbiettivi primari: educare alla conoscenza attraverso informazioni scientifiche che orientino le persone ad adottare corretti stili di vita.)

Sigarette, nel 2009 in aumento i fumatori. La crisi economica non ferma le bionde

Istat: gli italiani hanno ritrovato il vizio incrementando le statistiche di chi ha iniziato o è tornato al fumo

“A volte il fumo è meglio dell’arrosto!” Potrebbe essere questo il filo conduttore dell’inversione di tendenza nel comportamento degli italiani che, secondo l’Istat, nel 2009 hanno ritrovato il vizio del fumo incrementando le statistiche di chi è tornato o ha iniziato a consumare bionde nonostante le leggi, le proibizioni, le campagne per la salute. “Il fumo uccide” è scritto sul pacchetto di sigarette ma quando lo apri, nascosto piccolo, piccolo c’è un messaggio gentile che ringrazia di aver scelto quello che viene garantito essere “il meglio, ottenuto con passione” o che celebra la qualità del “fumatore” di classe confermata dalla scelta del pacchetto acquistato. L’effetto della frase gentile scritta in caratteri microscopici all’interno del pacchetto probabilmente fa più effetto di quella che troneggia a caratteri cubitali all’esterno, psicologicamente tendiamo a neutralizzare i pensieri cattivi, spesso con l’ironia e con lo sberleffo: tutti dobbiamo morire, prima o poi.

E accendiamo l’ennesima sigaretta accarezzati dalle suadenti dolcezze del marketing: “Grazie, per averci scelto”. Non scalda il cuore sapere che qualcuno si impegna con passione per ucciderti, tanto più che si paga in prima persona, con moneta sonante, ogni grammo del veleno che si aspira e che più del 70% (Iva inclusa) di quello che si paga lo incassa lo Stato, che comunque si lamenta di doverlo poi restituire in spese mediche eventuali e varie. Considerando che gli introiti fiscali del tabacco costituiscono circa il 3% di tutte le entrate fiscali, non è poco ma probabilmente non abbastanza. Per qualche anno i divieti e i moniti hanno dimostrato una qualche efficacia sia per proteggere dal fumo passivo sia per indurre sempre più fumatori a smettere.

Almeno così dicevano i numeri, oggi dobbiamo accontentarci del primo obiettivo, i divieti di fumo nei luoghi pubblici funzionano ma la crisi economica sembra aver spazzato via le buone intenzioni, gli italiani hanno ripreso a fumare segnando un più 3,4% , circa due milioni di fumatori in più. Qualcuno ipotizza sia l’effetto della crisi, più ansia, più stress, più sacrifici e una conseguente caduta di attenzione per la propria salute e la ripresa di antiche e dannose abitudini. Abitudini anche costose a dire il vero, dal momento che gli aumenti incalzano e si inseguono, 10 centesimi, 15, 20, altri 10. E neanche c’è più tanto clamore, oggi siamo arrivati a pagare fino 4,55€ per 20 sigarette, quelle che fino al 31 dicembre 2001 costavano 5800 lire.

Come mai i fumatori si moltiplicano in un momento di crisi e con gli aumenti continui? In effetti alla crescita del numero dei fumatori non corrisponde un incremento delle vendite, in calo del 3%, per capire cosa succede dobbiamo inseguire i percorsi illegali del contrabbando che invece è tornato a fiorire. In forte aumento anche le vendite di tabacco sfuso, negli ultimi cinque anni hanno registrato un incremento positivo pari al 139%, per i sigari si registra un 13,5% in più. Insomma se l’arrosto non possiamo più permettercelo a quanto pare ci accontentiamo del fumo, forse ha ragione Roberto Antoni, a volte, magari è davvero meglio dell’arrosto!

E’ probabile che in un futuro imminente neanche più il fumo sarà tanto accessibile, l’idea vincente potrebbe consistere in un aumento eccezionale del prezzo di vendita e sarebbe supportato da una ricerca pubblicata dalla Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori nella quale si evidenzia che un campione di fumatori (3114) rispondendo ad un questionario avrebbe dichiarato l’intenzione di smettere o di ridurre il consumo se il prezzo del pacchetto di sigarette fosse aumentato di 1 euro. Peccato che queste dichiarazioni di intenti rientrano generalmente in quelle che la psicologia definisce “buoni proposti” da collocare nel futuro e puntualmente disattendere con conseguente percezione di fallimento personale.

Non solo, se davvero l’italiano in tempi di crisi ha ripreso a fumare, in barba ai continui rincari, l’ennesima frustrazione così come ulteriori divieti e punizioni, potrebbero aumentare quelle sgradevoli emozioni in risposta al senso di insuccesso, di incapacità con un relativo incremento della percezione di insoddisfazione e ansia generalizzata che non costituiscono certo terreno fertile per scelte funzionali al proprio benessere. Probabilmente il possibile aumento più che obiettivi salutistici costituirebbe un immediato e concreto successo per gli introiti del fisco, è pur sempre qualcosa.

E i fumatori? Sandro Pertini ne apprezzava la tolleranza affermando che “mai un fumatore si è lamentato di un non fumatore”, forse sapranno tollerare anche un ulteriore rincaro del fumo oppure spenderanno i propri soldi in prodotti e trattamenti di ultima generazione per smettere di fumare e torneranno a sbocconcellare arrosto. Molti, infine, li ritroveremo in giro, intenti ad arrotolare sigarette fatte a mano a costi più accessibili e a scrutare il cielo in attesa della pioggia per poter liberamente e civilmente inveire contro i responsabili dell’ennesima difficoltà.
* Psicologa e psicoterapeuta - Fonte: IlMessaggero.it

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