Diritti Umani Dimenticati

Afghanistan, Cina, Tibet… C’è chi dice NO!

I diritti umani non sono barattabili, non c’è commercio che tenga, non c’è affare o intrallazzo che possa giustificare il silenzio che copre crimini atroci e leggi infami. Non sto esagerando, basta informarsi per capire che non c’è libertà in paesi dove si può essere giustiziati per futili reati, dove i monaci sono massacrati o dove le donne sono obbligate a vivere come schiave. Lo Spirito Olimpico sembrava poter funzionare da grimaldello, ma anche stavolta è stato tutto inutile e le minacce di boicottaggio (sportivo, ma non commerciale) sono cadute nel dimenticatoio.

Oggi, nell’A.D. 2009 la nostra coscienza dovrebbe urlare per farsi sentire dal Mondo Libero: le caute parole di alcuni politici diligenti, ma evanescenti, non bastano più. Bye, Rex


Violazione dei diritti umani: ora la Cina non è più di moda?

• da Oggi del 1 aprile 2009, pag. 17 di Emma Bonino

Secondo Amnesty International, tra i giustiziati nel 2008 tre quarti erano cinesi (1.718 persone). Finite le Olimpiadi, l`Occidente non ha ottenuto nulla da Pechino?

Il 2008 è stato l’anno delle aspettative per i diritti umani in Cina. Pechino, con le Olimpiadi, aveva promesso maggiore libertà di espressione ma la repressione del dissenso è continuata. Per questo occorre che riprendano con forza le iniziative per chiedere alla Cina di rispettare la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo dell’Onu, un’organizzazione al cui interno aspira ad assumere un ruolo autorevole. Da qui, la necessità di avere la Cina come partner responsabile e trasparente, all’esterno come al suo interno, una necessità resa ancor più evidente dalla crisi economica in corso.

Sia tolto dunque il segreto di stato sulle condanne a morte, come chiesto dalla risoluzione Onu per la moratoria universale; sia consentito di monitorare il rispetto dei diritti umani in regioni come il Tibet o il Turkestan Orientale, abitato dagli Uiguri di religione musulmana, come chiesto da una mozione presentata da noi Radicali e approvata all’unanimità il 10 marzo alla Camera; e Pechino partecipi in futuro ad iniziative presso il Parlamento europeo, come l’audizione promossa dai Radicali il 31 marzo sulla questione tibetana, accettando che, come avviene in tutte le crisi internazionali, le parti in causa siano “facilitate” dalla comunità internazionale nel trovare soluzioni condivise.

Il diritto di stupro è un insulto per i nostri caduti

• da Il Giornale del 1 aprile 2009, pag. 1 di Maria Giovanna Maglie

Complimenti vivissimi, presidente Hamid Karzai. All’apertura dei lavori della Conferenza internazionale dell’Onu sull’Afghanistan, lei ha giustamente pronunciato parole di soddisfazione: «È importante che il mondo guardi a noi». Non sto a dirle quanto soddisfatti siamo noi italiani che con sacrificio e buona volontà siamo stati a favore della missione di pacificazione e ricostruzione del suo Paese riscattato e salvato dalla dittatura dei talebani con uno sforzo bellico mondiale. Le cifre esatte della missione le chiederemo al ministro della Difesa, ma qualche numero lo ricordo.

I nostri morti finora sono tredici, e solo nel 2007 e metà del 2008 abbiamo speso 591 milioni di euro; delegazioni di giuristi, dirigenti e funzionari dei nostri migliori sono venuti a occuparsi di carceri, diritto civile e penale, leggi adeguate al mondo civile. Ora abbiamo appreso di una nuova legge che reca la sua riverita firma, e che turba profondamente le nostre coscienze e ci fa anche un po’ sanamente incazzare, visto che schiaccia i diritti delle donne abbastanza da far impallidire le misure dei talebani.

Secondo quanto riferiscono fonti delle Nazioni Unite, le afghane elette in Parlamento e nelle organizzazioni internazionali, ci domandiamo per quanto tempo ancora, le donne sono obbligate al sesso con i mariti senza poter opporre alcuna resistenza. Non potranno uscire di casa da sole, non potranno cercarsi un lavoro né andare da un medico senza il permesso del marito. Nei casi di custodia dei figli il giudice li potrà affidare solo al padre o ai nonni paterni. «È la peggiore legge di tutto il secolo - ha detto la deputata Shinkai Karokhail -. «È totalmente sfavorevole alle donne e le renderà ancora più vulnerabili».

Sono naturalmente misure in contrasto con la garanzia di parità di diritti fra i sessi contenuta nella costituzione afghana e in diversi trattati internazionali cui ha aderito il governo di Kabul. Secondo la deputata, la legge è stata approvata in tempi rapidissimi e praticamente senza dibattito. «Volevano passarla in segreto - ha spiegato - c’erano molte cose che volevamo cambiare, ma non ci hanno permesso di discuterne perché Karzai vuole compiacere gli sciiti». Un’altra deputata, Shukria Barazkai, sostiene invece che nel dibattito la legge è stata migliorata, perché l’età minima per il matrimonio delle donne da nove anni come era stata fissata è salita a sedici.

Capito? Il ministero della Giustizia si è limitato a confermare che Karzai ha firmato la legge sul diritto di famiglia a marzo, ma ha aggiunto che il testo non verrà pubblicato fino a quando non verranno risolti alcuni problemi tecnici, termine che ci piacerebbe capire meglio. «È peggio che sotto i talebani», commenta amara la senatrice Humaira Namati, e questo lo abbiamo capito bene. La legge servirebbe al presidente per assicurarsi i voti di settori conservatori, come le minoranze hazara e sciita, alle elezioni presidenziali di agosto. Ma la minoranza, pari al 10% della popolazione, le sue deroghe in favore di una legge più tradizionale le aveva già ottenute. Qui siamo in presenza di un’apertura vistosa e grave ai talebani. La vicenda dovrebbe essere imbarazzante per tutte le forze internazionali che sostengono il governo Karzai, tanto più che è trapelata nel giorno in cui si è aperta all’Aia la Conferenza internazionale sull’Afghanistan. Nel giorno in cui l’Iran degli ayatollah ha graziosamente annunciato di essere pronto a partecipare alla ricostruzione dell’Afghanistan, mentre gli Stati Uniti confermavano l’apertura ai talebani moderati, per bocca del Segretario di Stato Hillary Clinton, che non è stata così gentile da fornirci spiegazioni di una definizione che si contraddice in sé. Se uno è talebano, infatti, non è mai un moderato. Questi potrebbero essere i primi frutti avvelenati delle concessioni della presidenza democratica americana agli estremisti, ma a noi importa di più in questo momento della risposta che il governo italiano dovrebbe dare alla promulgazione della legge contro le donne.

Bene ha fatto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, a dichiarare dall’Aia che quella legge deve «essere modificata o smentita» dalle autorità afghane, sottolineando che «quando si parla di onorevole riconciliazione» ci sono comunque «limiti» che non possono essere superati. Bene ha fatto il ministro per le Pari opportunità, Mara Carfagna, a dire che «la comunità internazionale deve far sentire la propria voce». Bene ha fatto l’associazione Acmid-Donna, guidata dal deputato italiano Suad Sbai a indire una fiaccolata questa sera alle 18 in piazza Montecitorio. Bene, ma non basta.

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