Luci della Ribalta

Recentemente due personaggi scomparsi nel mondo dello spettacolo hanno suscitato la mia particolare attenzione: Raimondo Vianello e Pietro Taricone. Il primo si era guadagnato una reputazione di eccellenza in quaranta anni di carriera e ha avuto dei meritati servizi nella pagina degli spettacoli. Per il secondo, dopo l'eroica apparizione al primo Grande Fratello e qualche comparsata in fiction e telefilm, titoli di apertura, approfondimenti, inviati speciali e via così. Sarà perchè era giovane, sarà per la morte "spericolata", sarà perchè in estate le notizie scarseggiano e qualsiasi cosa è buona per riempire gli spazi, ma ritengo questa disparità inaccettabile. Con tutto il rispetto per il Guerriero Taricone, dovremmo dare spazio alla qualità e al vero talento, non ad eroi di plastica costruiti da questa televisione spazzatura. Se aggiungiamo che il buon Pietro ha fatto molto per far dimenticare il suo folgorante esordio sul piccolo schermo e sarà comunque ricordato solo per le sue bravate in quella "casa", il desolante quadretto è perfetto. Bye, Rex

L'ultima offesa a Taricone
(Pietro Mondo per La Stampa)
Appartengo alla minoranza (mi auguro robusta) che non ha mai visto Il Grande Fratello televisivo. Fin dall’esordio della trasmissione, ho trovato intollerabile che si abusasse, per un giocoso se non futile intrattenimento, del titolo affibbiato da George Orwell al grande dittatore nell’agghiacciante romanzo 1984.
Sono rimasto pertanto basito davanti allo spazio spropositato che i media hanno riservato alla drammatica fine di Pietro Taricone: da chiedersi cosa mai occorrerebbe fare per lo scienziato che riuscisse a debellare il cancro. Comprendo la commozione, alla quale aderisco (Humani nihil a me alienum puto) per un uomo giovane, bello e simpatico tradito crudelmente dal suo vitalismo, per una vita e una lusinghiera carriera troncate dal suo «folle volo», dallo schianto col paracadute nell’aeroporto di Terni.
Trovo significativa la parabola di un ragazzo del Sud che approfitta di un successo fortunosamente azzeccato (favorito dallo scandalo di un amplesso in diretta) per dare una svolta alla sua esistenza. Perché, stando alle sue esibizioni successive e alle testimonianze degli addetti ai lavori, Taricone si è adoperato a far dimenticare l’esperienza del Grande Fratello, ha rifiutato di farsi imprigionare nel ruolo del palestrato e dello sciupafemmine a beneficio del voyeurismo televisivo. Affidandosi al salvacondotto dell’ironia e dell’autodisciplina, ha studiato recitazione, ha intrapreso una dignitosa carriera di attore, ha cercato stabilità col mettere su famiglia. Come osserva Marco Risi, «aveva scelto la professionalità contro la popolarità». Quanto basta per meritare il più condiviso rispetto.

Ma qui mi fermo. Per rilevare le reazioni, spinte fino alle lacrime, dei numerosissimi fans alla notizia della sua morte. Non era l’attore a commuoverli, ma ancora una volta il protagonista insuperato del Grande Fratello; schiavizzati dal gran baraccone televisivo, come dimostra lo stucchevole appellativo di «Guerriero» profuso nelle rievocazioni, che rimanda ad una sua vetusta, spavalda asserzione rivolta ai compagni di gara: «Io so’ un sanculotto, sono un guerriero, e non posso fare le pulizie». Hanno voluto inchiodarlo cioè a una vicenda ormai dismessa, al trash televisivo, imponendo alla sua figura, senza esserne consapevoli, l’ultimo sfregio. Sia pace alle sue ceneri, sottratte ai rumori e al visibilio degli spettatori accomodati in poltrona davanti al piccolo schermo. Domani, con altri frusti vessilli, si ricomincia.

Post più popolari