Digiuno Digitale

Siamo arrivati ai digiuni virtuali per disintossicarci dalle tentazioni digitali... Personalmente sono contrario ad ogni estremismo, sia nell'uso della tecnologia, sia nelle manifestazioni di insofferenza da parte di certi puristi cattolici o laici. Godiamoci quello che offre il nostro tempo, senza sentirci in colpa per il tempo passato in rete e senza rinunciare alle relazioni interpersonali "tradizionali". Bye, Rex
Perché resistere alle tentazioni digitali? (Gianluca Nicoletti per La Stampa)
La rete provocherebbe un piacere che richiede moderazione, sia nella pratica religiosa che nel pensiero laico
In tempo di quaresima ogni anno qualcuno ripropone di desistere dall’ uso dell’ internet, ipotizzando che questo sacrificio possa far parte dei possibili fioretti. Tra le pratiche di mortificazione classiche come il digiuno, l’astinenza sessuale e la moderazione dei piaceri, entra ancora volta l’ idea che, frenare la propria frequentazione della rete, aiuti la pratica penitenziale.
Il digiuno 2.0 lo propone quindi  in maniera molto articolata Famiglia Cristiana: “Con l’inizio della quaresima può essere opportuno tornare a parlare di digiuno digitale. Non si tratta di una privazione che porta alla rinuncia fine a se stessa, ma di scoprire che altri valori e altre dimensioni possono farci riconsiderare tempi e usi degli strumenti elettronici. “
Lo suggerisce da Padova don Marco Sanavio, direttore dell’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali ed esperto dei nuovi mezzi di comunicazione. “Digiuno digitale non come pratica di ascesi, ma come provocazione che spinge a cercare esperienze di pienezza che aiutano a ridimensionare l’invadenza digitale”
Lo rilancia dal pulpito il parroco trentenne della Collegiata di San Cassiano, a San Casciano Val di Pesa, Massimiliano Gori, ha scritto ai fedeli in un volantino, accanto agli orari delle funzioni religiose della Quaresima. “Meno ore davanti allo schermo e più spazio alle relazioni interpersonali tradizionali. Anche se internet non va affatto criminalizzato.”

Da un cotè laico lo stesso pensiero è stato espresso in  “The Digital Diet”,  il  bestseller  del famoso blogger americano Daniel Sieberg, che insegna "come spezzare la vostra e-dipendenza e riguadagnare equilibrio nella vostra vita”. Ancor più drastico è Francesco Alberoni, che in un apocalittico neo luddismo generazionale, tre anni fa avanzò l’ idea di una moratoria digitale per giovani : “Si limiti l' uso di Internet e dei cellulari per consentire loro di ricominciare a parlare, di riprendere contatto con le altre generazioni, con i giornali e i libri. Una moratoria periodica di due mesi l' anno, una cura disintossicante.”
Solo per la cronaca occorre ricordate infine che anche Beppe Severgnini, pochi giorni fa, ha concluso la sua settimana di astinenza dagli strumenti di piacere da lui più frequentati, sacrificio che aveva annunciato con un programma di spietata dieta digitale: “Per cominciare, ordine e organizzazione. Bloccare 3G su iPhone, spegnere Wi-fi, consegnare iPad a figlio diciannovenne, che provvederà a farlo sparire per una settimana…”
In questo caso nessun intento di elevazione spirituale naturalmente, ma un giocoso pretesto salutista. Una cronaca in territori  dimenticati da ogni un giornalista tecnologicamente avanzato. Severgnini ha in fondo sperimentato  un possibile ritorno al medioevo della professione, l’epoca arcaica della macchina per scrivere, che la frangia più tenacemente analogica dei colleghi sicuramente ancora un po' rimpiange.
Emerge  bipartisan l’ idea che la pratica digitale abbia effetti nocivi, sembra quasi che l' uso di strumenti di accesso alla rete possa farci lambire una dimensione metafisica, con un  lato “tossico”, che per qualcuno arriva ad essere persino demoniaco. Con diversa intensità il tentativo comune è  di disciplinare la nostra “lussuria” digitale. Per i primi fondamentalisti si è arrivati all' esorcismo, ma oggi è più facile ascoltare blande proposte di pratiche salutari, sia per l’ anima che per al recupero di uno stato naturale benessere.
Il predicare è facilitato quando si fa una sintesi della complessità della cultura digitale  con il termine “internet”, che usato come il nome di un demone consente semplificazioni radicali. Per riscuotere consenso a volte basta una semplice formula: “Tutta colpa di internet se siamo ridotti a questo punto”. E via a battersi il petto per i tradimenti alla natura, all’ umanità, ai rapporti concreti in luogo di quelli “virtuali”, al sapere non più trasmesso per passaggio generazionale, alla tecno-secolarizzazione ecc.”
Per chi invece abbia del senso di colpa una visione meno devozionale, la limitazione volontaria della propria dimensione multitask, molto spesso, rivela l’ illusione di poter recuperare una qualità “estetica” per le proprie relazioni:“Basta oggi cancello tutti da Facebook, meno gli amici veri, poi segnalo i Followers che mi insultano su Twitter.”
Sarebbe forse tempo di  abbandonare il timore di poter soccombere sotto le nostre protesi emotive. Ormai fanno parte integrante di noi, anzi sono il sintomo della nostra veloce evoluzione e adattamento al clima della contemporaneità. Il fioretto digitale, o la dieta net-sociale, non saranno capaci di farci cambiare le nostre abitudini.
Tornare indietro è impossibile. La lussuria di espanderci in una rete senza limiti, circondati da altri umani collegati con noi,  tornerebbe sempre irresistibile  a tentarci nel nostro deserto. Proporsi di rinunciare all' internet  sarebbe come decidere di smettere con i carboidrati per farci andare via la pancia, ma solo in vista delle vacanze, sapendo bene che, tornati a casa, ricominceremo a ingozzarci con più gusto di prima.

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