Mercato Europeo e Crisi

Il buonsenso del coordinamento: la base dell'economia non può prescindere dalla Comunità Europea e da uno stretto collegamento tra i paesi membri, soprattutto in un momento difficile come questo. Un interessante intervento scritto a quattro mani da Amato e Bonino. Bye, Rex

Salviamo il mercato interno

• da Financial Times del 12 febbraio 2009 di Giuliano Amato ed Emma Bonino*

Dalla fine della seconda Guerra mondiale sino a oggi, l’Europa ha goduto di pace e di prosperità come non mai. Pochi possono contestare il fatto che la Comunità Europea abbia giocato un ruolo chiave. Il suo elemento centrale è il mercato comune, che garantisce libertà di movimento sul continente alle persone, ai capitali, ai beni e ai servizi.

Le economie dei stati membri sono adesso cosi inter-connesse da formare un forte mercato interno. Questo è ciò che tiene insieme le diverse visioni dell’Europa. E' stata la forza trainante che ha spazzato via frontiere e controlli, e ha indotto 16 stati a lasciar cadere le loro monete nazionali per adottare l’euro. Ha inoltre sospinto la crescita economica, e attraverso l’allargamento ha rafforzato e stabilizzato la democrazia in Europa.

È per questa semplice ragione che ogni minaccia al mercato interno deve essere interpretata come una minaccia alla prosperità dell’Europa. Guardando il modo in cui alcuni stati membri stanno reagendo all’attuale crisi finanziaria siamo convinti che il pericolo per il mercato interno è reale.

Certamente la crisi è cosi vasta da richiedere varie misure di pubblico intervento. Gli strumenti politici sono nelle mani dei governi degli stati membri. Ma se le decisioni sono prese in maniera scoordinata con lo sguardo rivolto esclusivamente allo stretto interesse nazionale, queste misure rischiano di entrare in collisione con le regole della concorrenza che presidiano il mercato interno.

Il trattato contempla alcune eccezioni a questa regola, ma chi è il giudice? Non gli stati membri, ma il loro arbitro, la Commissione Europea.

Qui interviene il fattore tempo. L’economia rischia di precipitare nella depressione. Non c’e tempo, dicono alcuni, perché la "burocrazia" di Bruxelles esamini se certi aiuti di stato “distorcono o minacciano di distorcere la concorrenza”. Questa insistenza sull’urgenza è comprensibile. Tuttavia, se misure che generano distorsione entrano in vigore, esse devono essere annullate dalla Commissione oppure rischiano di essere reciprocate da altri stati membri, lasciando alla fine nessuno in condizioni migliori, ognuno in condizioni peggiori, e il mercato interno a pezzi.

I due settori in Europa che hanno beneficiato di massicci aiuti di stato sono il settore bancario e quello automobilistico. La Commissione Europea ha cercato di accelerare il suo processo di revisione, ma i governi hanno preso l’abitudine di annunciare pubblicamente nuove misure quasi quotidianamente. Alcune di queste misure sono di dubbia compatibilità con le regole della concorrenza anche ad un occhio non allenato. Il fatto di accompagnarle con minacce a Bruxelles perché dia il suo consenso si avvicina, in ogni caso, ad una politica del fatto compiuto.

E' tempo di cambiare approccio. Una procedura che funziona in tempi normali, quando le richieste di aiuti di stato sono infrequenti, non può funzionare nelle attuali circostanze. Il Consiglio Europeo dovrebbe riunirsi urgentemente e dichiarare che le banche europee e i produttori di automobili sono in uno “stato di crisi”. Dovrebbero essere create due task forces composte da rappresentanti nazionali nominati dai governi per i due settori, entrambe presiedute dalla Commissione Europea, per coordinare gli aiuti statali, assicurandosi nel contempo che le misure nazionali si rinforzino mutualmente per il maggior beneficio dei settori interessati senza compromettere le regole della concorrenza.

Questo scambio di informazioni può evitare che i governi prendano decisioni che possono apparire sagge ma poi si rivelano disastrose. Questo da anche all’arbitro della concorrenza, la Commissione Europea, un ruolo ex ante, dato che quello attuale ex post è palesemente inadeguato.

I settori bancario e automobilistico stanno attraversando una crisi strutturale che richiede sforzi di ristrutturazione più ambiziosi. C’è un precedente storico per un intero settore industriale sottoposto a un processo di ristrutturazione su scala europea: il settore dell’acciaio negli anni settanta e ottanta, quando la Commissione Europea guidò questo processo grazie ai poteri derivanti dal Trattato costitutivo della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio.

Ma le similitudini, per quanto incoraggianti, finiscono qui. Il tempo di assegnare quote di produzione è passato. L’essenza della nostra proposta è il coordinamento. Quasi tutti gli stati membri dell’UE sono coinvolti nella produzione automobilistica. La Repubblica Ceca produce più automobili l'anno dell’Italia. Ma chi produce che cosa in Europa è irrilevante. La nostra prosperità è basata su un bene pubblico intangibile: l’insieme di regole che ha reso possibile il mercato interno. I governi europei non dovrebbero mai dimenticare che il loro superiore interesse nazionale è la difesa del mercato interno europeo.

NOTE

* Giuliano Amato è ex Primo Ministro ed Emma Bonino ex-Commissario Europeo. Entrambi sono membri dell'European Council on Foreign Relations.

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