La giusta tassa di Obama

In Italia si discute su come ridurre le tasse, la crisi è stata affrontata chiudendo il borsellino e congelando di fatto l'economia, cercando briciole di risorse con l'ennesimo condono fiscale mascherato da scudo. Negli USA abbiamo assistito ad interventi decisamente aggressivi che sembra stiano dando risultati confortanti e ora Obama fa scattare la Tassa sulla Responsabilità... che invidia! Bye, Rex

OBAMA VS BANCHIERI COMINCIA LA GUERRA... (Fabrizio Goria per "il Riformista")

«Rivogliamo il nostro denaro e ce lo riprenderemo. Se le banche sono sane abbastanza per pagare maxi bonus, allora lo sono anche abbastanza per risarcire i contribuenti». Con queste parole il presidente americano Barack Obama ha deciso che le maggiori istituzioni bancarie statunitensi saranno tassate «a causa del loro ruolo nella crisi finanziaria». Obama ha deciso di condurre personalmente una dura battaglia nei confronti del mondo bancario Usa.

A partire dal prossimo 30 giugno gli istituti di credito con asset superiori a 50 miliardi di dollari avranno a proprio carica un'imposta «sulla responsabilità». Secondo una prima stima, saranno oltre 50 le società coinvolte, per un gettito di oltre 90 miliardi di dollari. Il preludio è stato l'avvio della commissione d'inchiesta parlamentare sulla crisi. Iniziata due giorni fa, ha portato a Capitol Hill i quattro amministratori delegati più celebri: Lloyd Blankfein (Goldman Sachs), James Dimon (JP Morgan Chase), John Mack (Morgan Stanley) e Brian Moynihan (Bank of America).

I Fab four, così sono stati ribattezzati dal Wall Street Journal i big della finanza a stelle e strisce, hanno riferito davanti al democratico Phil Angelidis, presidente della commissione, spiegando le loro tesi. Secondo loro la crisi avrebbe sì causato molte perdite, ma l'acuirsi della crisi non sarebbe stata una colpa esclusiva dei banchieri. Tuttavia, l'opinione pubblica americana non ha digerito gli oltre 40 miliardi di dollari di bonus elargiti nel sistema per il 2009.

Non a caso, l'inquilino della Casa bianca ha specificato che «la tassa potrà essere agevolmente pagata diminuendo i compensi ai manager». E secondo i calcoli presentati ieri, oltre il 60 per cento dell'imposta sarà sostenuta dai primi dieci istituti bancari statunitensi. L'obiettivo di Obama è quello di recuperare parte dei fondi destinati al sostegno del sistema bancario lungo la crisi. Con il Troubled asset relief program (Tarp) sono stati infatti stanziati oltre 700 miliardi di dollari alla fine del 2008, dall'allora segretario del Tesoro Henry Paulson.

A pesare sulla decisione ci sarebbero gli oltre 112 miliardi di dollari che, secondo le stime del Tesoro, peseranno sui cittadini americani per i prossimi anni. Soldi che, giocoforza, incidono sulle manovre di politica economica degli Stati Uniti. L'imposta prevista sarà decennale e peserà per 15 punti base sulle covered liabilities delle banche interessate. In altre parole, verterà sulle passività covered, calcolate in base all'attivo, al netto del capitale Core Tier 1, il rapporto fra patrimonio di base e le attività ponderante al rischio, e dei depositi garantiti dalla Federal Deposit Insurance Corporation (Fdic).

Con questo metodo Obama punta a recuperare oltre 90 miliardi di dollari, che «saranno destinati al mercato del credito al consumo », come ha spiegato un portavoce della Casa bianca. Saranno esclusi dal piano i soggetti del mercato automobilistico e le sorelle dei mutui Fannie Mae e Freddie Mac, mentre vi rientreranno circa 15 sussidiarie americane di banche internazionali e il colosso dei mutui Aig.

Secondo quanto trapelato, si procederà con una valutazione di merito di tutte i bilanci delle major finanziarie interessate. Le operazioni di controllo saranno condotte dalla Sec, l'authority della Borsa, e dal Tesoro. Obama ha spiegato che il suo impegno è quello di «recuperare ogni singolo centesimo che spetta al popolo americano». I banchieri, dopo questo attacco, non sono rimasti a guardare. Blankfein e Mack hanno dichiarato di aver già rimborsato buona parte dei fondi statali messi a disposizione per migliorare le liquidità dei propri istituti di credito.

Inoltre, hanno specificato che il buco da 112 miliardi di dollari citato dal presidente Obama non deriverebbe dal settore finanziario, bensì da quello automobilistico. Secondo la loro opinione i colpevoli nei confronti dei contribuenti sarebbero quindi le major dell'auto, come General Motors e Chrysler. E hanno minacciato di provocare un peggioramento delle condizioni del credito, che secondo Blankfein «potrebbe restringersi ancora con misure penalizzanti come quelle ipotizzate in questi giorni».

Obama ha però replicato implicitamente a queste dichiarazioni nel suo discorso. «Queste misure non hanno una finalità punitiva, ma hanno lo scopo di evitare che abusi ed eccessi si ripetano nuovamente», ha spiegato nella conferenza stampa di ieri. Intanto, sul fronte europeo, i tassi d'interesse rimangono invariati.

Così ha deciso il comitato della Banca centrale europea riunitosi ieri. Il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, ha spiegato che l'attuale tasso di riferimento, fissato all'1 per cento, è da considerarsi «appropriato » all'attuale congiuntura economica. Secondo il rapporto della Bce permane l'incertezza sulla disoccupazione e sulla crescita economica. Una visione simile a quella dettata dal Beige book della Federal reserve, il rapporto periodico sull'andamento economico statunitense.

fonte: Dagospia

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