Ombre sul Ministro

Tagliente corsivo dedicato al Ministro degli Esteri (delle Maldive). Del resto, si sapeva che al Presidente del Consiglio piace tanto fare l'ambasciatore e tende ad accentrare i rapporti internazionali, non a caso tenne a lungo l'interim proprio del Ministero degli Esteri nel suo precedente mandato. Bye, Rex


Franco Frattini il ministro ombra

• da Il Riformista del 4 settembre 2008,
di Filippo Facci

E’ la spietata sincerità del Giornale, infine, a schiacciare ogni velleità di Franco Frattini di essere perlomeno un sottosegretario, un ambasciatore, un diplomatico, qualcosa che insomma c’entri con gli Esteri e con la politica estera italiana: e invece niente, ieri in via Negri hanno dedicato due intere pagine all’Italia che nel mondo «torna protagonista», ma il nome di Frattini semplicemente non compariva mai, neppure una volta. Forzatura? Non pare proprio, a leggere tutte le circostanze in cui è stato direttamente Berlusconi a occuparsi di fatti mentre l’altro rilasciava interviste. A giugno, insediato da neanche un mese, è Berlusconi ad aver già incontrato Bush, Putin, Sarkozy e il Papa. E’ Berlusconi ad aver chiuso con Zapatero una polemicuccia sulle quote rosa. A inizio luglio è ovviamente Berlusconi ad andare al G8 in Giappone e talvolta a divergere, oltretutto, dagli amici Bush e Sarkozy. A metà agosto, in piena crisi georgiana, è Berlusconi a ricevere una telefonata sempre di Sarkozy che lo ringrazia per il suo contributo alla mediazione condotta appunto dalla presidenza francese dell’Unione: un ruolo apprezzato anche dal presidente russo Medvevev in un’intervista al Tgl di martedì sera. Sino al gioco d’anticipo con la Libia che bene o male ha chiuso una querelle vecchia di 40 anni. Il rapporto con gli Usa? A settembre è Berlusconi che vedrà Cheney a Palazzo Chigi, e Bush all’Onu, e in ottobre sarà ospite alla Casa Bianca. Franco Frattini, quando va bene, funge da segreteria organizzativa del vero ministro degli Esteri ad interim. Oppure fa il pompiere. Oppure figuracce, che non si saprebbe chiamarle. Guerra russo-georgiana: c’è il vertice del ministri degli Esteri europei e Frattini è alla Maldive, come si premura di far sapere in un’intervista al Tgl dove illustra pregi e difetti del telefono, un apparecchio che consente di parlare con una persona senza incontrarla. Non andavano meglio, negli stessi giorni, le proclamate velleità di rinsaldare l’asse dell’atlantismo: eravamo membri non permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, di fatto, e non permanenti restavamo. Questo mentre veniva sbandierato un possibile aumento dell’impegno militare in Iraq sul quale altri esponenti della maggioranza, a dir il vero, opponevano svariati distinguo. Sono i giorni in cui Barack Obama, di passaggio in Europa, andava in Francia e in Germania ma non da noi. E sono i giorni delle Olimpiadi, la rogna di cui a Frattini importava meno al mondo, secondo solo allo stesso Berlusconi. Quello di Frattini, per non sbagliare, è stato l’atteggiamento in assoluto più filocinese probabilmente dell’intero occidente. Prima, a metà maggio, ha rilasciato un’intervista al Financial Times dove spiegava che non aveva intenzione di incontrare il Dalai Lama per non provocare «gli amici cinesi»: le stesse parole pronunciate da Romano Prodi nell’ottobre 2006 e nel dicembre 2007, incuranti che che gli Usa avessero dato al Dalai Lama la medaglia d’oro del Congresso già imitati da Canada, Austria e persino da quella Germania che è il primo paese europeo per interscambio con la Cina. Frattini, poi, resistendo a qualche pressione interna (in An e nei Riformatori liberali) ha poi detto che «boicottare le Olimpiadi è inaccettabile» sicché ha spedito in Cina un sottosegretario, fine del problema. Ogni sua dichiarazione successiva è stata di complessiva vacanza. Nei fatti, se è vero che la Cina ha sempre minacciato di ritorsioni economiche i paesi che avevano osato incontrare il Dalai Lama, il nostro paese è l’unico che se n’è dato seria preoccupazione.

Ma l’allergia e talvolta l’ignoranza di Frattini per le questioni umanitarie non è nuova. Nell’ottobre 2005 riuscì a scrivere che il genocidio turco degli armeni fosse materia di cui l’Unione europea non doveva più di tanto occuparsi, perché i due popoli stavano già risolvendola attraverso una commissione congiunta. Il contenzioso era e resta l’ammissione che i turchi nel 1915 deportarono e trucidarono un milione e mezzo di cristiani armeni, ciò che la storiografia turca nega a tutt’oggi. Scrisse Frattini: «Il Parlamento europeo ignora la decisione del premier turco di affidare coraggiosamente a una commissione, cui gli armeni hanno tra l’altro aderito, il compito di far luce su questa pagina sanguinosa». Era Frattini, in realtà, a ignorare che la commissione non esisteva più e che in sostanza non era mai esistita: nata su finanziamento del Dipartimento di Stato Usa, i quattro esponenti armeni che vi avevano preso parte (i turchi erano sei) si erano dimessi subito per insanabili divergenze: da qui l’esaurimento di una commissione peraltro mai riconosciuta. Frattini non lo sapeva.

Su altre figuracce non v’è da infierire. Basti quando, nel 2004, apprese direttamente a Porta a Porta che in Iraq avevano ammazzato Fabrizio Quattrocchi.

Post più popolari