Soldi da spartire, lo Sport Nazionale

Interessante articolo di Oliviero Beha che non si lascia incantare dai giudizi tutti positivi sulla spedizione Italiana alle Olimpiadi e cerca di scavare in quello che ci sarebbe da aggiustare in un mondo, quello sportivo, dove regnano feudi intoccabili e torte da dividersi, possibilmente lasciando i dirigenti sempre al loro posto... comunque vada. Bye, Rex


Poche balle, è recessione di Oliviero Beha

Anche l’Italia olimpica è in recessione, poche balle: lo è come olimpionica, cioè come vittorie, perché gli ori sono inferiori a quelli delle ultime tre edizioni; lo è come medagliere complessivo, perché anche qui è un’Italia a gambero, che va indietro, e bisogna tornare a Barcellona ’92 per conteggiare un bilancio più magro. Da Atlanta in poi, regressione. Lo dicono i numeri a proposito di una spedizione di 345 atleti, non il cronista, e quindi il presidente del Coni o qualunque altro Presidente, sopra o sotto di lui, ha un bel proclamare “abbiamo resistito tra le prime 10“, perché è forzatamente un voler vedere il bicchiere mezzo pieno ma interessatamente, di parte. Obiettività numerica vuole che si rimarchi questa tenuta ma all’indietro, rivolta al passato.

Questo non toglie nulla né ai medagliati di qualunque metallo cui va tutto il nostro rispetto, né alle cosiddette “medaglie di legno” dei quarti classificati, né a tutti coloro - e non sono molti ,a partire dalla “regina delle Olimpiadi”, l’atletica, quasi senza finalisti - che sono arrivati fino all’ultimo lotto olimpico. Ma seguendo questo criterio allora la Francia, che l’Italia immediatamente precede nella classifica per nazioni, nel cumulo di medaglie è molto più avanti del Bel Paese. Quindi il motto di Petrucci “abbiamo resistitito” nulla ha a che vedere con il “resistere,resistere,resistere” del magistrato Francesco Saverio Borrelli.

Non vorremmo che la “resistenza” del Presidente del Coni preludesse in realtà come sempre tra noi a una forma di Sugheriadi, cioè (dopo quelle del denaro, o Pecuniadi) le Olimpiadi di resistenza a galla dei dirigenti sportivi italiani che il medagliere sottopone a verifica ogni quattro anni, a cominciare da lui.

Ma per non strapparci le vesti mentre immagino il solito trionfalismo acritico di copertura, altro responsabile delle magagne alla radice del settore, cerchiamo di vedere in positivo questo insoddisfacente medagliere (la somma prevista dal Coni alla vigilia era di almeno 30 pezzi), a partire dalla definizione di “recessione” di qualche riga fa. L’Italia economicamente non se la passa bene. Non se la passa bene neppure a quanto pare il movimento olimpico: perché non si parla qui solo di medagliere, ma di movimento sportivo nel suo complesso. Che non gratifica il paese sufficientemente. Non ci sono abbastanza giovani che fanno sport, e sport agonistico, non c’è cultura sportiva, non c’è sport nella scuola ecc., insomma tutti quei fattori che da questo punto di vista rendono civile o più civile un popolo.

Se si pensa che negli ultimi trent’anni in Italia, al Coni e alle Federazioni, in tempi di vacche grasse di soldi ne sono arrivati eccome, e che ancora oggi i contestati 140 mila euro lordi che il Coni ha stanziato per ogni nostro olimpionico è cifra che gli altri Paesi anche più avanti di noi nel medagliere e negli altri più importanti aspetti dello sport non si sognano di poter versare ai propri atleti, si ha l’idea che forse stiamo sbagliando. Che non abbiamo un modello politicamente e culturalmente giusto di sport di base, ovverosia il reclutamento indispensabile per le vette dell’olimpismo.

E dunque che proprio oggi, a soldi e medaglie latitanti, forse sarebbe il momento di ridiscuterne, per vedere se tutti questi soldi sono stati e sono ben impiegati. Il discorso è complesso, più complesso di un’Olimpiade più o meno fortunata.

Per esempio da tempo, con gente sana, disinteressata ed esperta di sport come Sandro Donati, studioso apicale nella lotta al doping, vado sostenendo che lo sport infantile, quello dei bambini tra i cinque e i dieci anni, non può essere saccheggiato dalle Federazioni, che si contendono per avere tesserati e quindi denaro in proporzione l’unità “sportiva” in erba. Facciamoli giocare all’attività motoria, ludica, sportiva nel senso più ampio, creando una struttura non parassitaria ma di educazione allo sport di testa, di cuore e di corpo, che non divori denari ma che lavori di fianco al Coni, del quale bisognerebbe rivedere al più presto moltissime bucce.

E’ un’idea di massima, su cui ragionare invece che trattare lo sport e lo sport olimpico sempre e solo come una torta da spartire. Meno soldi, più dedizione, più impianti, più intrrelazioni con la scuola e il pubblico invece del privato, più cura per tutti fin da piccoli, forse sarebbe la via maestra per cambiare.

Ma in Italia sia istituzionalmente che tacitamente di questi aspetti la classe dirigente e quella politica in particolare se ne è sempre bellamente fottuta. Salvo giocare poi a cadenza programmata titillandosi con le medaglie, sulla pelle di atleti cui si potrebbe togliere almeno un po’ di peso. Sono atleti, non psicologicamente bestie da soma politico-sportiva. Il soma sarebbe invece il loro corpo….

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