Riformare la Giustizia con serietà e senza pregiudiziali

Sembra facile parlare di riforme al sistema giudiziario, ogni tanto però c'è qualcuno (guarda caso Emma Bonino) che ha la capacità di parlare chiaro e di avanzare proposte sensate, serie e di enorme utilità. Peccato che nessuno abbia la voglia e il coraggio di ascoltare. Intanto gli uffici dei magistrati annaspano, i processi si ingolfano e le carceri esplodono. Bye, Rex


È ora di cambiare Csm e Pm
da Il Riformista di Emma Bonino

Caro direttore, il fatto che il tema della giustizia abbia tenuto banco tutta l’estate è l’ennesima prova di come i tempi siano più che maturi per affrontare quelle riforme di fondo che noi radicali chiediamo da tempo. Le principali direttrici sono note: abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale, separazione delle carriere, responsabilità civile e professionale dei magistrati, riforma del sistema elettorale del Csm,una nuova disciplina per gli incarichi extragiudiziari; nel settore processuale, sia civile che penale, conferire maggiore speditezza ai procedimenti con misure come la perentorietà dei termini processuali, la semplificazione nelle notifiche degli atti processuali, l’attuazione del processo telematico. Tutti provvedimenti, questi, contenuti nella Mozione promossa dai noi radicali e presentata in entrambi i rami del Parlamento, già sottoscritta da decine di parlamentari sia di maggioranza che di opposizione.

Da anni noi radicali denunciamo che in Italia la giustizia «non è uguale per tutti». Dal caso Tortora in poi abbiamo condotto battaglie per una «giustizia giusta» soprattutto con i referendum come quello, stravinto, sulla responsabilità civile dei magistrati che il Parlamento ha poi vanificato. Si è invece cercato, nel tempo, di risolvere con l’aspirina alcune disfunzioni per le quali ben altre terapie erano, e sono, necessarie. E ora imperativo passare dagli interventi tampone ad una riforma complessiva dell’intero sistema giustizia se è vero, com’è vero, che viaggiamo nell’ordine di milioni di processi pendenti, facendo della giustizia la più grande «questione sociale» in Italia; com’è doveroso, in un paese che ha il triste primato della durata dei processi e che non riesce ad assicurare tempestivamente una risposta ai cittadini nemmeno per un banale risarcimento del danno, cominciare a sciogliere alcuni nodi. Per questo insistiamo su tre priorità.

La prima è l’obbligatorietà dell’azione penale, un tabù che va rimosso nell’Italia del 2008. In realtà un tabù che, nei fatti, è già bell’e caduto da tempo con l’impossibilità materiale delle Procure di procedere per ogni singola notizia di reato. Siamo in presenza di un ingranaggio nel quale entra tutto fino a farlo ingolfare, con successiva selezione arbitraria da parte dei magistrati che non garantisce il cittadino su ciò che viene effettivamente perseguito e su ciò che viene abbandonato alla prescrizione, con buona pace delle vittime dei reati. Più che di «obbligatorietà» dell’azione penale, bisognerebbe parlare di «arbitrarietà» dell’azione penale... Per il 29 e 30 settembre abbiamo organizzato, presso la Camera dei Deputati, un convegno internazionale proprio su questo tema e su quello più ampio di una riforma per l’efficienza e la qualità della giustizia penale. La seconda è un altro tabù, quello della separazione della carriera di giudice da quella di pubblico ministero, una strada che nessuno, a destra come a sinistra, ha avuto il coraggio d’imboccare. Invece, è una riforma fondamentale per ottenere maggiore imparzialità, indipendenza e terzietà nel pieno rispetto dei principi del giusto processo.

La terza è il ruolo abnorme che il Csm ha assunto negli ultimi lustri. L’organo di auto-controllo è oggi un parlamentino, diviso in correnti partitiche, e ben lontano da un esercizio indipendente ed imparziale delle sue funzioni. Il referendum del 2000 promosso dai radicali sul sistema di elezione del Csm, pur non raggiungendo il quorum, ha avuto il merito di spingere il Parlamento ad introdurre il sistema maggioritario. Ma neanche questo ha intaccato il sistema «partitico» ancora fiorente. Meglio allora un’estrazione a sorte dei giudici togati, iscritti in un elenco con determinati requisiti di anzianità e di disponibilità, un’ipotesi che sembra non trovare indifferente il ministro Alfano.

Per noi legislatori, e per chiunque senta una responsabilità non di improvvisazione ma di governo delle situazioni, non basta essere «contro»: bisogna proporre una linea di riforme per tutti i cittadini, contrapposta a provvedimenti spesso deplorevoli, come il cosiddetto Lodo Alfano, presentati dal governo a spizzichi e bocconi. Per questo pensiamo anche ad un’ampia depenalizzazione e razionalizzazione delle fattispecie criminose, perseguendo l’obiettivo dell’effettività della pena, per cui una sanzione amministrativa immediata ha un effetto deterrente di gran lunga superiore ad una sanzione penale che si sconterà dopo dieci anni o forse mai. E, in previsione delle disastrose conseguenze sulla situazione carceraria che deriveranno dall’attuazione del pacchetto sicurezza varato dal governo, una profonda revisione dell’ordinamento penitenziario sarà altrettanto prioritario, a partire dal problema del sovraffollamento per arrivare ad una rivisitazione del regime del 41bis.

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