Il Summit di Obama

A mia memoria, non ricordo un vertice così importante e affollato. Il Presidente USA è riuscito a far sedere tutti i leader mondiali intorno ad un tavolo per parlare di Armi Nucleari, un risultato fantastico realizzato in tempi ridotti. Pian piano Obama si sta guadagnando il suo prematuro Nobel per la pace: se non altro ha il coraggio di assumersi la vera Responsabilità di essere il Leader del nostro mondo. Thank You Mr. President, Rex
Il mondo senza steccati (Maurizio Molinari per La Stampa)

La firma dei 47 leader sull’accordo di Washington contro il terrorismo nucleare sancisce la nascita della nuova architettura internazionale promossa da Barack Obama che già aveva iniziato a prendere forma nel settembre scorso in occasione del G20 di Pittsburgh contro la minaccia della recessione globale. I due summit internazionali che Obama ha presieduto hanno in comune un format.

Questo tipo di format archivia i dogmi dell’architettura della comunità internazionale ereditata dal Novecento: non ci sono più i blocchi geopolitici di Est e Ovest o quelli economici di Nord e Sud, scompaiono gli steccati fra Paesi ricchi e poveri come fra quelli che possiedono armi nucleari o ne sono privi. A sostituire l’equilibrio fra i blocchi ci sono tavoli multilaterali dove il numero dei presenti cambia in forza dell’agenda discussa e gli invitati dicono la propria, assumendosi precise responsabilità, in una cornice di pari rispetto e dignità. Tanto il G20 che il summit sulla Sicurezza Nucleare si rifanno al modello delle Nazioni Unite che si originò dal summit di San Francisco del 1945 ma con qualche correzione, perché se da un lato si tratta di forum globali dall’altro non vi si è ammessi per diritto ma in quanto si è pronti ad assumere specifici compiti, con tanto di cifre e scadenze da rispettare. Di conseguenza l’America esercita il proprio ruolo di leadership non per i diritti acquisiti vincendo le guerre del secolo passato contro militarismo, nazifascismo e comunismo ma in forza delle maggiori responsabilità che è disposta ad assumersi. Sono infatti gli Stati Uniti a spendere di più sia per mettere al sicuro le scorte nucleari disseminate dall’ex Urss all’America Latina sia per varare stimoli fiscali che sostengano una debole crescita economica globale.


Ciò significa che anche le altri potenze, più o meno grandi e ricche, possono auspicare a ritagliarsi ruoli di primo piano nell’affrontare le emergenti sfide globali. Ma a patto che accettino di sostenere i costi, economici e politici, che ciò comporta. Nella nuova architettura che Obama sta iniziando a realizzare l’America resta la «nazione indispensabile», come dice l’ex segretario di Stato Madeleine Albright, ma lascia agli altri tutto lo spazio che vogliono occupare.

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