Moka...mbio

Il declino del caffè fatto con la Moka ha riaperto l'eterno contrasto tra progresso tecnologico e nostalgie conservatrici. Sono per l'Hi-Tech ma con moderazione, senza inseguire la novità a tutti i costi! Però tra Moka e Cialde... non c'è paragone, evviva l'espresso tipo bar anche a casa! Bye, Rex

Felici con la tecnologia vintage (GIANLUCA NICOLETTI per La Stampa)

Un grido sta squarciando il silenzio di tante cucine italiane: «Salviamo la vecchia Moka Express dalla rottamazione!». Ed è solo l'inizio. Per ora si è sollevato il vasto movimento dei conservatori dell'antico sapore del caffè bollito in alluminio e non sono solo borbottii, ma avvisaglie che potrebbero mettere in crisi la coscienza degli avanguardisti del tostato elettronico al cialdino, ultimo arrivato della schiera delle tecnologie che spodestano ogni nostalgia domestica. Per quello che riguarda la condanna all'esilio della caffettiera sicuramente chi avrà sussultato di sdegno è Andrea Moretto di Ivrea, che compie il suo «outing» nel sito che ha costruito per celebrare le «caffettiere italiane».

E’ qui che proclama la sua passione: «E' nata nel 2005 in seguito ad una singolare caffettiera in alluminio regalatami da mia madre (mignon 2 tazze)». Da quel momento ha iniziato a collezionare caffettiere, sostenendo che a parità di marca di caffè è la caffettiera che si utilizza e il metodo nell'usarla che fa la differenza. La sezione dedicata agli scambi è sintomatica della passione viscerale che lega gli esseri umani alle caffettiere: «A me la passione è nata per caso, quando un amico di mio padre mi regalò una caffettiera elettrica Anni 40 - dice un certo Nick nella bacheca del sito -. Mi sono specializzato nel collezionare quelle elettriche e quelle con lumino, per cui ho diverse napoletane da scambiare». Umberto, invece, tre giorni fa ancora lanciava un appello: «Possiedo una vecchia caffettiera da tre tazze e d'acciaio "ALPU dei F.lli Puppieni", di cui non riesco a trovare le guarnizioni originali. C'è qualcuno che può aiutarmi a reperirle?». E addirittura si azzarda un concorso «Miss Caffettiera», dove pare che ancora la favorita sia una di marca «Atomic», seguita da una «Color Express». Si è solo lambito con le caffettiere un piacere sconosciuto ai più, quello di scalare a ritroso la catena evolutiva degli oggetti d'uso comune e tornare alla vertigine di riesumare il prototipo di ogni marchingegno contemporaneo. A volte le cause che determinano la mummificazione dell'oggetto anacronistico non sono sempre determinate da passioni balzane. Il ritardo del pensionamento delle macchine da scrivere e dei relativi pezzi di ricambio è andato oltre i tempi consueti per la necessità di svolgere la prova per l'accesso all'ordine professionale di un migliaio di praticanti giornalisti, che ogni anno dovevano fare un passo indietro di qualche decennio rispetto ai pc che usavano nel loro lavoro. Lo stesso iter non vale di certo per i pitali e i vasi da notte che, salvo casi disperati, sono stati radiati. Eppure la signora Dora Bertacca, professoressa di francese in pensione di Viareggio che ha riempito il suo appartamento con più di 400 pezzi provenienti da tutto il mondo, di tali obsoleti «oggetti di comodo» va fierissima.

Descrive i suoi pezzi migliori come il modello da viaggio da portare in carrozza o quello romantico: «Un pitale con su scritto “à la mariée”, dono del marito alla moglie, dove all'interno è voyeristicamente dipinto un occhio maschile». Non si creda che il collezionismo sia l'unica maniera per rimettere in circolazione oggetti d'antàn e neppure ci si fermi al luogo comune che la pratica del riutilizzo di ciò che sarebbe destinato all'eterno riposo in qualche scantinato o all'oblio della discarica siano appannaggio di anziani maniaci. Il progredire rapidissimo della tecnologia elettronica colloca nella dimensione della nostalgia anche macchine di recente produzione: si pensi quanto possa sembrare antiquato il primo cellulare modello DynaTAC 8000X, che la Motorola mise in commercio solo nel 1983 e che è stato mostrato come una preziosa reliquia al «Mobile Exhibition» di New York. Maestro del culto ectoplasmatico per le tecnologie morte e sepolte è Peppo Lasagna, personaggio storico del movimento hacker milanese e particolarmente interessato alla salvaguardia di vetuste tecnologie analogiche, come vecchie radio, circuiti inusabili, componenti elettrici non più in commercio. Così Lasagna parla di una sua creazione: è il «Il Tappetofono», «basato su una scheda di organo elettronico Anni 70, che si suona toccando con le dita i contatti, e su una vecchia sim, recuperata da un pc». Tra i conservatori di atmosfere passate, però, chi fa le cose in grande è Gianni Brandozzi da Ascoli Piceno, che colleziona pezzi di osterie: «E anche bar, esercizi sali&tabacchi, spacci, circoli». Sono residui di civiltà scomparsa, come i cartelli con il divieto di bestemmiare. «Mi piace pensare che su quelle sedie e su quei banconi che vado raccogliendo si siano alternate generazioni di avventori, prima sfaccendati, poi impegnati a sinistra, poi a destra».  Renzo Arbore, lei usa le cialdine per fare il caffè? «Stiamo scherzando? Uso la Moka, se non addirittura la vecchia caffettiera napoletana. Il caffè si deposita ed ha tutto un altro gusto. A casa ho la vecchia macchina per fare la pasta in casa di mia madre, che poi è la stessa che si può vedere nelle migliori trattorie emiliane». Quindi lei è un cultore di oggetti del passato? «Di più, sono un battitore libero di mercatini dove vendono vecchie suppellettili. Sono contrario alla tecnologia in continuo aggiornamento, spesso è nemica della bellezza dell'oggetto segnato dalla storia. Noi ragazzi, più vicini ai 60 che ai 70, poi, amiamo acquistare tutti quegli oggetti che nella nostra fanciullezza non potevamo avere. Io sono appassionato di jukebox e vecchi flipper. Ancora ci gioco: vuoi mettere il suono di quelle macchine con gli effetti elettronici di un gioco elettronico?». E’ un nemico del progresso tecnologico? «No, ma per certe cose non mi adatto. Per esempio per scrivere uso ancora la mia "Lettera22" come quella di Montanelli. E' ormai difficile trovare i rocchetti di nastro bicolore o la carta copiativa, ma al computer proprio non riesco ad abituarmi».

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