Palloni Gonfiati

Non voglio sbilanciarmi senza ulteriori prove, ma l'inchesta di quel tale Auricchio sembra proprio una gruviera, fatta frettolosamente con nemici predeterminati da affondare, tanti buchi e omissioni sicuramente casuali... Vogliamo una giustizia equa, non due pesi e due misure, non provate a sminuire le nuove (VECCHIE) intercettazioni che sono uscite, la verità è che così facevano tutti, Moggi resta Belzebù, ma di santi in questa brutta storia non ce ne sono e noi rivogliamo quello Scudetto, o per lo meno che quelli che se ne sono appropriati siano pubblicamente sbugiardati e sia ristabilita Verità e Giustizia. Per voi 5 approfondimenti, ben raccolti da Dagospia, LEGGI TUTTO! Rex


Dopo quattro anni di sordomutismo la proprietà della Juve s'è desta. "Parità di trattamento" significa chiedere la riapertura del processo sportivo, e ci mancherebbe altro che non fosse possibile per un qualche cavillo. "Parità di trattamento" significa richiedere indietro il 28° e il 29° scudetto, i due scudetti dell'era Capello, due scudetti tra i più belli della saga juventina, e di cui non c'è leale giocatore di calcio o mister da me incontrati in tanti anni di frequentazione dei set televisivi consacrati al calcio, che non dicesse che la Juve li aveva stravinti sul campo. Con una squadra di cui otto titolari su undici disputarono la finale del Campionato del mondo nel luglio 2006.  (G. Mughini)
1. BONAIUTI: «CALCIOPOLI? VICENDA FORSE DA RIVEDERE»...
Da Corriere.it
- «Forse questa vicenda dovrebbe essere rivista tutta quanta, andando a vedere dove stanno tutte le responsabilità». Lo ha detto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti, ospite di «Un Giorno da Pecora», su Radiodue, parlando delle nuove intercettazioni relative al periodo dello scandalo Calciopoli. Per Bonaiuti «le storie o non le apri, o le apri e le vedi fino in fondo». 
L'argomento è tra quelli di cui si dovrebbe discutere durante il Consiglio federale della Figc, in programma nella sede di via Allegri a Roma. Lo ha detto il presidente della Figc, Giancarlo Abete, entrando nella sede della Federcalcio. «Ne parleremo senz'altro, l'argomento fa parte delle comunicazioni», ha spiegato. Lo scandalo calcistico di quattro anni fa è tornato d'attualià negli ultimi giorni con la pubblicazione di alcune intercettazioni diffuse dai legali di Luciano Moggi, ex direttore generale della Juventus.


2 - IL MISTERO DELL'INCHIESTA: LE TELEFONATE SCOMPARSE - IL COLONNELLO AURICCHIO: «TUTTO TRASCRITTO»
Fulvio Bufi per il "Corriere della Sera"
Chi ha avuto modo di vedere l'incartamento dell'inchiesta sfociata nel processo contro Luciano Moggi e altri ex potenti del mondo del calcio che si sta svolgendo a Napoli (atti depositati e pubblici), sa che ci sono migliaia e migliaia di pagine. Verbali di interrogatorio, ordinanze dei magistrati, informative dei carabinieri, trascrizioni delle intercettazioni telefoniche. Ma non c'è un rigo che faccia riferimento alle telefonate che in questi giorni la difesa di Moggi sta diffondendo, in cui si sente la voce di dirigenti interisti come Massimo Moratti o il compianto Giacinto Facchetti a colloquio con i designatori degli arbitri o degli assistenti di linea.

L'ultima che è stata messa in circolazione riguarda un colloquio tra Facchetti e Massimo De Santis, ex arbitro internazionale anche lui rinviato a giudizio in questo processo («Ti interessi di arbitri?», chiede De Santis. E Facchetti: «Mi sa che ci interesseremo in tanti...»).
Non esiste una trascrizione fatta dagli investigatori, non se ne parla nelle informative che i carabinieri inviavano alla procura, e di conseguenza non ne scrivono i magistrati. È forse il punto più difficile da comprendere in questa vicenda: perché i carabinieri decisero di trascrivere fedelmente, o anche di sintetizzare nelle informative, il contenuto di telefonate che pure successivamente i pm scartarono giudicandole non importanti, e scelsero invece di non dare notizia ai titolari dell'inchiesta di quei colloqui in cui comparivano i dirigenti dell'Inter, ritenendoli unilateralmente irrilevanti.

Quando, nel corso dell'ultima udienza, l'avvocato Maurilio Prioreschi, uno dei difensori di Moggi, ponendo le proprie domande al colonnello Attilio Auricchio - l'ufficiale che condusse le indagini- fece riferimento a telefonate relative all'Inter, il carabiniere fu categorico: «Tutte le telefonate sono state intercettate, registrate e trascritte», rispose. Facendo una scelta inspiegabile alla luce di ciò che sta emergendo in questi giorni, da cui appare evidente che non tutto fu trascritto. È invece chiarissimo perché la difesa di Moggi dia tanto peso alle telefonate di Moratti e Facchetti e anche di dirigenti di altre società (Galliani, Cellino, Foti).

L'accusa che più preoccupa Moggi è quella di aver costituito e capeggiato una associazione per delinquere (le altre, con i tempi che rischia di avere il processo, potrebbero andare in prescrizione prima della sentenza). Se riusciranno a convincere il giudice che i contatti con i dirigenti arbitrali erano prassi abituale per tutte le società, i difensori dell'ex direttore generale della Juventus ritengono che di conseguenza si smonti la tesi accusatoria di una cupola capeggiata da Moggi che pilotava gli arbitraggi solo a favore della Juventus.


3 - CALCIOPOLI BIS, I BIANCONERI VALUTERANNO «EVENTUALI NUOVE PROVE»
Jacopo D'orsi per "La Stampa"
Così, a quanto pare, facevano tutti. E la Juve adesso chiede «parità di trattamento». A 1.363 giorni da quel 14 luglio 2006, il momento più nero della storia del club, quando un tribunale sportivo, la Caf, per la prima volta la condannò alla serie B (con 30 punti di penalizzazione, diventati 17 e poi 9), i bianconeri tornano a parlare di Calciopoli, lo scandalo che nell'estate del 2006 ha travolto il nostro football e la società più titolata della penisola.

È bene chiarire subito che con questa mossa la Juve non pretende la revisione del processo sportivo che la portò alla retrocessione, alla revoca dello scudetto 2005 e alla non assegnazione di quello del 2006 poi consegnato all'Inter, semmai - qualora dovessero emergere responsabilità di altre società come lasciano intendere le nuove intercettazioni scovate dai legali di Moggi - l'istruzione di un altro procedimento. In sostanza: se hanno sbagliato anche altri, è giusto che siano puniti con la stessa severità.
Ogni riferimento all'Inter non è puramente casuale. La Juve, va da sé, resta alla finestra ed è molto cauta, ma la nuova partita potrebbe giocarsi proprio attorno al titolo 2006, che la giustizia sportiva scucì dalle maglie bianconere appiccicandolo su quelle nerazzurre. Alla luce del nuovo scenario fu una decisione giusta?

Sedersi al self-service degli arbitri, rivelano le nuove telefonate già rese pubbliche, era prassi comune nel nostro calcio, il che proverebbe - sempre secondo la difesa di Moggi - che il sistema di illeciti per il quale furono azzerati i vertici della Juve e decisa la retrocessione non faceva capo soltanto all'ex dg bianconero. Tutto il materiale sarà portato in aula alla prossima udienza del processo penale di Napoli, martedì 13 aprile. «La nostra finale di Champions League», l'hanno definita i tifosi impazienti nei loro blog.

Nessuno alla Juve s'aspetta la retrocessione dei nerazzurri, né la restituzione dei due scudetti, ma levare quel tricolore al palmares della concorrenza potrebbe essere una prospettiva concreta, nonché una sorta di risarcimento (anche e soprattutto per i tifosi). Una chiusura del cerchio rispetto a quattro anni fa.

A otto giorni dall'Inter-Juve di campionato, la sensazione è che stia iniziando un altro derby d'Italia. La presa di posizione ufficiale del club, attesa e quasi sollecitata da un popolo in fibrillazione, è destinata a far rumore e segue le nuove intercettazioni che documentano conversazioni tra i massimi dirigenti (anche) di Inter e Milan (Moratti, Galliani, Facchetti scomparso nel 2006) e i designatori arbitrali dell'epoca (Bergamo, Pairetto e Mazzei per i guardalinee).
Il primo bianconero a parlarne, una settimana fa, fu Del Piero, solleticando l'appetito della tribù. «Si stanno susseguendo articoli e dichiarazioni che fanno pensare a qualcosa di diverso dalla sentenza», disse il capitano alla tv del club. Conclusione: «Mi auguro che gli scudetti tolti ci vengano restituiti anche a livello globale».

Ora a far sentire la propria voce è la società, la cui posizione tuttavia è leggermente diversa: «Nel pieno rispetto delle attività riguardanti i processi in corso - si legge nella nota ufficiale concertata con la proprietà -, la Juventus valuterà attentamente con i suoi legali l'eventuale rilevanza di nuove prove introdotte nel procedimento in atto a Napoli al fine di garantire, in ogni sede sportiva e non, e come sempre ha fatto, la più accurata tutela della sua storia e dei suoi tifosi».

Il vigile silenzio è dunque diventato una vigile attesa. Con questa conclusione: «La Juventus confida che le istituzioni e gli organi di giustizia sapranno assicurare parità di trattamento per tutti, come d'altronde la società e i suoi difensori richiesero nel corso del processo sportivo del 2006». Tradotto, significa che rispetto a quattro anni fa la strategia non è cambiata di una virgola. Nessuno si autocondannò.
Allora, l'avvocato Cesare Zaccone, legale del club, pretese la stessa «par condicio» invocata ora. Chiusa definitivamente la pagina della retrocessione, sulle cui conseguenze non è possibile tornare indietro, l'obiettivo è chiedere alle istituzioni e alla giustizia (sportiva e non) di usare lo stesso metro adoperato quattro anni fa nei confronti della Juve. Di guardare, cioè, gli eventuali fatti nuovi attraverso le stesse lenti.

4 - FACCHETTI IN LINEA CON DE SANTIS "VISTO CHE MI CHIAMAVA?"
Guglielmo Buccheri per "La Stampa"

Nel dossier delle nuove intercettazioni trascritte dalla difesa di Luciano Moggi trova spazio anche un colloquio del 24 marzo del 2005 fra l'allora presidente dell'Inter, Giacinto Facchetti, e l'ex arbitro Massimo De Santis, imputato al processo di Napoli con l'accusa di promotore dell'associazione a delinquere. Nel merito, la telefonata fatta da Facchetti a De Santis non appare significativa, ma è il fatto stesso che un dirigente (il più alto) di una squadra chiami direttamente un arbitro a segnare un nuovo confine. Questo l'incipit dell'intercettazione.

Facchetti: «Massimo».
De Santis: «Come stai Giacinto?».
Facchetti: «Bene, e tu?».
De Santis: «Devo farti i complimenti insomma, ti interessi di arbitri...».
Facchetti: «Eh...vedremo, ma mi sa che ci interesseremo in tanti di...».
De Santis: «E vabbè, si interessano tutti, ormai è l'argomento del giorno».
Facchetti: «Sei già a Parigi?».
De Santis: «No, parto domani mattina».
Facchetti: «Perchè mi ha chiamato Bla...ehm Gagg, viene là anche lui».
De Santis: «Ah, viene a Parigi Walter?».
Facchetti:
«Si viene anche lui con...e mi ha detto che ti portava i miei saluti».

Gagg è un alto dirigente Fifa che assisterà alla partita Francia-Svizzera valida per le qualificazioni mondiali: questo dice l'intercettazione. Sullo sfondo resta una telefonata che mette in contatto un dirigente nerazzurro e un arbitro al centro del processo di Calciopoli perchè indicato come leader della cosiddetta «combriccola romana», ovvero quei direttori di gara che avrebbero legato la loro carriera a Moggi e alla Juve. «Quando - spiega De Santis - mi chiesero se qualche dirigente mi chiamava e io dissi di sì facendo riferimento a Facchetti, la famiglia mi querelò. Mi dispiace perchè, adesso, stiamo parlando di qualcuno che non c'è più e che merita rispetto, ma questa intercettazione è un fatto».


5 - E ADESSO RESTITUITECI TUTTO...
Giampiero Mughini per "Libero"
Arriva finalmente, dopo quattro anni di sordomutismo, una nota ufficiale della società Juventus dove per quel che è di Calciopoli il pane lo si comincia a chiamare pane. Alla luce dello strabiliante materiale che gli avvocati difensori di Luciano Moggi si sono procurati a forza di denaro e di indagine accanita, la Juve chiede "parità di trattamento" con le altre società coinvolte in quel fiume di telefonate in cui dirigenti dell'Inter o del Milan chiedevano che ad arbitrare quella data partita fosse l'arbitro Tizio e i guardalinee Caio e Sempronio.

Telefonate la cui esistenza ancora pochi giorni fa era perentoriamente negata dai pubblici ministeri di Napoli che stanno giudicando se sì o no Antonio Giraudo e Luciano Moggi avevano messo in piedi "una organizzazione a delinquere" che fungeva da signora dei campionati. Un'accusa tutta fondata sul presupposto che fossero solo Giraudo e Moggi a circumnavigare i designatori arbitrali, a commentare con loro affabilmente partite e arbitri, a imprecare contro decisioni arbitrali giudicate sbagliate, addirittura ad andare a cena con quei designatori: accompagnati dalle loro mogli, un'aggravante non da poco.

Una costruzione accusatoria che va giù come neve al sole alla luce del materiale che abbiamo letto e che leggeremo, un materiale di cui dire che è cospicuo è dire niente. Per aver fatto Moggi telefonate analoghe al suo amico trentennale Giorgio Bergamo, telefonate in cui il "direttore" della Juve parlava di quel che è il pane e la religione della sua vita, quale arbitro fosse più capace professionalmente ad arbitrare una partita importante, la Juve è stata derubata di due scudetti, cacciata dalla Champions e dai suoi redditi, scaraventata in serie B e per giunta con una sonante penalizzazione, disossata professionalmente di tanti suoi campioni e per giunta costretta a venderli ai suoi rivali pur di sopravvivere. La nota della Juve dice che questa "parità di trattamento" loro la avevano sempre chiesto.

I fatti dicono esattamente il contrario. All'origine degli sfracassi di Calciopoli/Farsopoli c'è esattamente il fatto che la società Juve (e dunque la sua proprietà) aveva offerto l'altra guancia a giudici sportivi e a giornalisti euforici che stavano picchiando a morte contro la Juve e la sua leggenda. Di telefonate intriganti ne erano emerse già in quei due o tre mesi estivi in cui si compì il massacro della Juve, e c'erano di mezzo il Milan, la Fiorentina, la Lazio.

"Parità di trattamento" un beatissimo c. Al Milan in tutto e per tutto tolsero qualche punticino e lo riacciuffarono per la collottola pur di aprirgli le porte della Champions, che poi la squadra di Ancelotti vinse. Pur di avere qualche punto di penalizzazione in meno, la Juve decise di non ricorrere al Tar, un ricorso arduo ma non impossibile da vincere. Sui giornali vicini a casa Agnelli il sordomutismo era ed è stato impressionante.
Per dire del quotidiano della famiglia, "La Stampa", solo da un paio di settimane l'argomento Calciopoli vi viene affrontato con una qualche attenzione problematica, come se non fosse così scontato che Luciano Moggi altri non era che la versione più recente del Male Assoluto. Non c'è stato grande giornale italiano che abbia mai speso una parola a favore della Triade, e questo sino a un editoriale di Mario Sconcerti apparso sul "Corriere della Sera" una decina di giorni or sono.

C'era solo Moggi a difendere se stesso su "Libero" o in alcune tv private. E già questo era insopportabile a tanti, che Moggi esercitasse il suo diritto alla difesa. Per dire di un cialtrone, ascoltavo alcuni giorni fa in una radio privata che è la mia preferita una trasmissione il cui conduttore nel replicare alla telefonata di uno che malediceva la presenza di Moggi in alcune tv private, gli diceva che aveva una ben misera opinione del suo tempo se stava ad ascoltare quel che diceva Moggi.

Per quattro lunghi anni non ci fossero stati alcuni siti juventini online e alcune tv private, non una parola sarebbe stata pronunciata a difendere la storia della Juve e le sue vittorie. Non ci fosse stato l'eroico lavoro artigiano di Emilio Cambiaghi (autore di un magnifico Manuale di autodifesa del tifoso juventino), di Stefano Discreti, di Massimo Zampini, di tutti i prodi che costruiscono l'informazione quotidiana del sito Ju29ro.com (al cui recentissimo e imperdibile "Che fine ha fatto la Juve?" sono orgoglioso di avere apposto la prefazione), di blogger quali Mauro Zucconi (strepitoso un suo articolo su "Il Secolo XIX" in cui supplicava John Elkann di vendere la Juve a un emiro), la dittatura del "pensiero unico" anti-Juve sarebbe stata totale.

La dittatura di un pensiero che vuole la Juve signora degli scudetti solo perché imbroglia e corrompe, un pensiero che aveva atto capolino già nell'Italia dei cinque scudetti consecutivi bianconeri negli anni Trenta. Il pensiero del "bar dello sport", e non è un caso che i giudici sportivi dell'estate 2006 abbiamo fatto riferimento a quel pensiero come a qualcosa di cui avevano tenuto conto.
Dopo quattro anni di sordomutismo la proprietà della Juve s'è desta. "Parità di trattamento" significa chiedere la riapertura del processo sportivo, e ci mancherebbe altro che non fosse possibile per un qualche cavillo. "Parità di trattamento" significa richiedere indietro il 28° e il 29° scudetto, i due scudetti dell'era Capello, due scudetti tra i più belli della saga juventina, e di cui non c'è leale giocatore di calcio o mister da me incontrati in tanti anni di frequentazione dei set televisivi consacrati al calcio, che non dicesse che la Juve li aveva stravinti sul campo. Con una squadra di cui otto titolari su undici disputarono la finale del Campionato del mondo nel luglio 2006.

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