Sigarette Rosa - Pink Cigarettes


La mia campagna antifumo prosegue, questa volta parliamo di donne con un articolo scritto da una donna. Molto interessante l'analisi delle motivazioni che spingono a fumare e le differenziazioni tra i sessi: la parità è raggiunta, anche nei vizi... ma forse non era il caso di rimanere, almeno in questo, differenti? Bye, Rex
 
Fumo, gli uomini smettono ma le donne non sanno dire no (Elena Lisa per La Stampa)

"Ora comando e mi merito una sigaretta"

C’era una volta una ragazza ambiziosa che frantumò una tradizione durata 1600 anni. In cambio, per tutta la vita, fu costretta a indossare abiti da uomo e la tipica barba finta da faraone. Era il 1562 a.C., lei si chiamava Hatshepsut, si autoproclamò «re» d’Egitto e per poter regnare legò la sua immagine a caratteristiche maschili. Status symbol - si direbbe oggi - necessari per restare al vertice senza il disagio di sapersi femmina.

Paradossi della storia? Tutt’altro. Sono trascorsi 3500 anni e le donne, in cima alla scala sociale, ancora si comportano così. Massacrano la loro salute dopo essersi appropriate del più malsano degli stereotipi: l’uomo arrivato in alto, con la sigaretta accesa. Questa la «ragione bizzarra», il «meccanismo complesso» - le definizioni sono di Umberto Veronesi, oncologo di prestigio mondiale - alla base dell’atteggiamento femminile nei confronti del fumo: «Nonostante campagne di sensibilizzazione - spiega - le donne non solo non riescono a smettere, ma superano gli uomini per consumo. Incominciano prestissimo, a 11, 12 anni. Ci siamo chiesti perché, e abbiamo scoperto che se per le femmine il fumo è sinonimo di potere, per i maschi è una valvola di sfogo».

In Italia i decessi per patologie correlate al fumo sono 90 mila all’anno, di cui un terzo rappresentate da tumori. In media, un individuo che fuma per tutta la vita ha il 50% di probabilità di morire per un disturbo legato alla nicotina, per lo più in un’età tra i 45 e i 54 anni. E la percentuale più ampia, di anno in anno, riguarda le donne. Che si «aggrappano» alle sigarette con un atteggiamento mentale resistente, difficile da scardinare nel momento in cui decidono di smettere.

Per capire bisogna immaginarsi due piramidi: una rappresenta le donne e l’altra, capovolta, gli uomini. Le basi racchiudono il maggior numero di fumatrici e fumatori: «Per il sesso femminile - aggiunge Veronesi - le più accanite sono quelle che rivestono un ruolo sociale di prestigio, possiedono un patrimonio solido, sono professioniste in carriera. In cima alla loro piramide, quelle che appartengono alle classi sociali più basse». Opposto il discorso per gli uomini: gli incalliti, i più, sono persone che stentano ad arrivare a fine mese. Si preoccupano della salute, hanno fatto tesoro delle notizie sulla dipendenza da nicotina, invece, gli uomini in carriera, capitani d’industria, avvocati, primari e professori.

«Da almeno dieci anni - dice ancora l’oncologo - le donne hanno cominciato a fumare pesantemente. Per loro conta di più l’affermazione sociale che la salute. È come se stessimo assistendo a un suicidio collettivo».

Perciò, d’ora in poi, i medici cambieranno strategia: per le campagne anti-fumo, sarà un altro l’input per convincere le donne a smettere. Fallito il tentativo che faceva leva sulle conseguenze per la salute, si proverà a insistere sul senso di responsabilità sociale, facendo diventare le sigarette una questione femminile, un «problema rosa». Come dire: se proprio non riuscite a farlo per voi, fatelo per le più piccole che con la paghetta anziché pensare alla maglia alla moda vanno dal tabaccaio per il primo pacchetto da dieci.

Post più popolari