FAME e FAO: l'ossimoro

Da oggi e per 3 giorni la Capitale sarà al centro delle discussioni sull’attuale (grave) crisi alimentare che dilaga in tutto il mondo.

Peccato che proprio la FAO (Ente organizzatore dell’evento che paralizzerà il centro di Roma) sia un baraccone che sperpera le risorse per auto-sostenersi, leggere per credere… Bye, Rex


Uno spreco chiamato Fao 800 milioni di bilancio divorati dalla burocrazia

• da Il Giornale del 3 giugno 2008, pag. 4 di Emanuela Fontana

La Fao spenderà 784 milioni per la fame nel mondo nel biennio 2008-2009. Ma quanto denaro arriverà ai 5 milioni di bambini sotto i 5 anni che rischiano di morire per malnutrizione?
Circa la metà delle spese dell’agenzia Onu se ne va nella gestione della struttura. Lo dice il recente rapporto di un comitato di valutazione esterna commissionato dalle Nazioni Unite: 470 pagine su presente e futuro dell’agenzia con sede a Roma. Scrive la commissione Christoffersen: «In molti uffici i costi amministrativi sono superiori ai costi del programma». Ma la sproporzione tra spese di struttura e spese operative si legge anche dalle voci di bilancio. Qualche esempio: per la sicurezza alimentare, tema al centro della conferenza che partirà oggi a Roma, la Fao prevede uno stanziamento di 59 milioni di euro, per l’«ufficio del direttore generale», 41,5 milioni di euro. La struttura che lavora a stretto contatto con Jacques Diouf costa più di 9 milioni. Ma ne sono esclusi l’ufficio «di coordinamento e decentralizzazione» (7,1 milioni di euro), l’ufficio legale (5,3 milioni di euro), l’ufficio del programma e della gestione del budget (altri 11 milioni).
Complessivamente, le voci del bilancio Fao strettamente alimentari, in cui compare la parola cibo, «food», sono tre, per un totale di 90 milioni di euro, circa il 15% del bilancio generale. Queste voci «mirate» sono i 59 milioni per sicurezza e «riduzione della povertà», 1,2 milioni di euro per «emergenze e gestione post-crisi», 29 milioni per «politiche dell’alimentazione e dell’agricoltura».
Ci sono poi una serie di spese per conservazione e gestione del pesce, del legno, della carta, delle sementi, lo sviluppo della tecnologia: per tutte queste attività, strettamente legate allo scopo dell’agenzia, la Fao spende 219 milioni di euro.
Ha un costo anche la «conoscenza»: studi, statistiche, «alleanze» contro la fame, a metà strada tra lo «scopo» e la gestione: sono altri 200 milioni circa. Ma proprio questa parte del bilancio è piuttosto criticata dal rapporto di valutazione esterna: capita spesso alla Fao, si legge nel dossier, che «tecnici specialisti non possono viaggiare per mancanza di fondi destinati ai viaggi». In pratica si studiano progetti che poi non possono essere condotti sul campo. La sede locale più costosa è quella di Bangkok (18 milioni di euro).
Nel bilancio ci sono poi tutti i costi per il personale, per le riunioni: altri 200 milioni di euro circa. Più di 7 milioni di euro se ne vanno in «meeting e protocollo», 17,6 milioni si spendono per la comunicazione, 20,2 milioni per «il coordinamento e la decentralizzazione dei servizi». Ma non se ne occupava l’ufficio del direttore generale? Lo spacchettamento delle competenze è uno dei gravi problemi della Fao. Si legge dal rapporto Christoffersen: «La burocrazia della Fao è molto costosa e farraginosa e si caratterizza per un elevato livello di sovrapposizione e di duplicazione degli sforzi». E nonostante i 20 milioni di euro spesi solo per «coordinare», il dossier nota che «le relazioni tra le attività sul campo e la sede sono gravemente frammentate».
Nei giorni scorsi il presidente del Senegal Abdoulaya Wade aveva creato scalpore con la sua dichiarazione: la Fao deve chiudere. Qualcuno sostiene che sia uno spot politico in vista delle elezioni, ma già a fine 2007 i «supervisori esterni» avevano scritto che il rischio c’è, se non si cambia passo: «L'organizzazione si trova in una crisi che pone in pericolo il suo futuro».


E per i dipendenti stipendi d’oro

• da Il Giornale del 3 giugno 2008, pag. 4 di Massimo Malpica

Centinaia di delegazioni straniere, migliaia di rappresentanti, decine di capi di Stato, centoventi ministri. Da oggi a Roma si parla di crisi alimentare, ma per molti dei presenti al vertice della Fao non sarà un problema andare a dormire a stomaco pieno. Nonostante gli endemici problemi di budget, l’Agenzia dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura è stata spesso criticata per i flussi di spesa, come dire, non direttamente connessi alla mission aziendale.
La Fao ha in organico 3.600 dipendenti, più della metà nella sua sede centrale, a Roma. Gli stipendi non sono proprio da fame, visto che assorbono gran parte delle entrate dell’Agenzia. Per intenderci un assunto «P-1» (cioè il livello più basso degli entry level professionals) guadagna un minimo netto di 34.760 dollari se è single. Se ha famiglia, anche se sua moglie lavora, la retribuzione sale a 36.849 dollari. E poi c’è il Post adjustment, la percentuale di incremento dello stipendio che dovrebbe garantire uno standard di vita equivalente indipendentemente dal luogo di lavoro, che varia da sede a sede. Per Roma il valore è pari al 77,9 per cento.
Dunque la busta paga più magra per un dipendente Fao specializzato che lavora nella Capitale è pari a 61.838 dollari, che crescono automaticamente ogni due anni. Niente male. Anche perché se il neoassunto non è italiano per i primi 30 giorni avrà diritto al Dsa, una diaria che rende meno traumatico il trasferimento. Nel 2005 il Daily substistence allowance per Roma era pari a 286 dollari al giorno, più 168,74 come contributo per l’alloggio. E in più, ogni due anni, si ha diritto a un volo andata e ritorno per la nazione d’origine insieme ai propri familiari.
Ovviamente i salari salgono, e molto, con i livelli. Un middle level P-4 con famiglia può arrivare a 157mila dollari, un senior level P-5 a 177mila, i direttori (D-1 e D-2) arrivano a superare quota 200mila dollari. Non va male ai circa 2000 dipendenti inquadrati come General staff. Un autista, di livello G-3, ha un minimo salariale, netto e in euro, di 31.370 euro. Una segretaria (G-7) avanti in carriera può arrivare alla rispettabile cifra di 73.490 euro.
Il già citato Dsa, dunque oltre 450 euro tra diaria e rimborso alloggio, spetta anche a chi viene spedito a Roma in missione da altre sedi, per esempio per prendere parte a un vertice, e a studiosi e personalità invitate dall’Agenzia.
Che pure, come si diceva, non se la passa benissimo. Per limitare i costi di organizzazione dell’appuntamento che comincia oggi (e per il quale è stato chiesto un finanziamento ad hoc) ha chiesto ai propri dipendenti di prestarsi volontariamente a svolgere altre mansioni, dando una mano alla segreteria organizzativa o al cerimoniale, senza percepire retribuzioni ulteriori. Quanto ai costi per il soggiorno delle delegazioni, quelle sono a carico dei governi. Che, magari alle prese con fame e siccità nei confini nazionali, in trasferta non badano a spese: nel centro di Roma c’è il tutto esaurito, anche negli alberghi da 5-600 euro a notte.

Post più popolari