Ciao Sandra

Che dire... sembra il copione di uno di quei film romantici di una volta. Era come se fosse scritto ed è successo: impossibile vederli separati ed ora sono di nuovo insieme, il vento fa il suo giro e certi sentimenti valicano i confini tra la vita e la morte. Di seguito anche i link ai 3 post che avevo dedicato a Raimondo, perché le nostre non sono lacrime di coccodrillo e scrivere un post di saluto per la scomparsa di cari amici (seppur televisivi) non è ipocrisia. Ciao Sandra, noi non vi dimenticheremo. Rex
http://www.rextnt.com/2010/04/ciao-raimondo.html
Che noia, che barba, che tristezza
Da Sbirulino allo strazio in diretta, la vita sotto i riflettori di Sandra


(Alessandra Comazzi per La Stampa)
Sandra Mondaini era già Sandra Mondaini prima di sposare Raimondo Vianello. Eppure, la maggior parte della sua vita è indissolubilmente legata a quella del marito e compagno d'arte. Che barba, che noia, deve aver pensato, stare qui su questa terra senza di lui. E così, almeno idealmente scalciando sul lettone, se ne è andata a raggiungerlo, dal San Raffaele, dove era ricoverata da qualche tempo. 
Era nata a Milano nel 1931, aveva compiuto 79 anni il 1° settembre, cocciuto e determinato segno della Vergine. L'ultima immagine che il pubbico ha di lei è quella di una moglie straziata ai funerali del suo uompo, un occhio bendato, senza calze e senza scarpe su quei piedini che tanto e bene ballarono. Seduta su una sedia a rotelle, circondata dalla famiglia adottiva filippina, il caschetto biondo scarmigliato e gli occhialoni che sembrano spuntare direttamente dalla bara, Berlusconi a consolarla. Sono stati funerali impressionanti, quelli del marito. Molto partecipati, molto tristi. La crudele asimmetria della morte era rappresentata proprio dalla vedova, ancora viva ma con l'aria di chiedersi perché.
Qualche parente già sta dicendo che la famigli adottiva filippina in realtà non è mai stata adottata, che non si conoscono ancora le volontà testamentarie di Sandra, che aveva ereditato anche tutto il patrimonio del marito. Che barba, che noia, e che tristezza.


Addio Sandra, icona della lotta al cancro
Morta la Mondaini 5 mesi dopo il suo Raimondo. Lavorò per la Ignis
di GIANNI SPARTA’ per la Prealpina.it
Un pezzo di storia della televisione, ovvio, il simbolo dell’amore che non si ossida mai, anche questo, certo: l’esatto contrario di quanto accade oggi alla gente di successo. L’ultima inquadratura delle telecamere ritrae una donna che grida il nome del suo Raimondo in una chiesa ammutolita, quasi fosse l’epilogo, improvvisamente vero e tragico, di Casa Vianello
. Ma nel giorno di un congedo annunciato vogliamo ricordare Sandra Mondaini infaticabile testimonial della lotta al cancro che la colpì la prima volta trent’anni fa e lei decise di fare outing, si direbbe oggi, giocandosi la partita della malattia sulla pubblica scena. Quante interviste, quanti spot nella doppia veste di Sandra e di Sbirulino, quante apparizioni con Umberto Veronesi per raccontare che la scienza aveva spuntato lo spadone dell’ex invincibile samurai: il tumore, non più male incurabile. Incontrammo la Mondaini quattro anni fa al San Raffaele, dov’è morta ieri, durante la presentazione di un nuovo macchinario diagnostico. A un certo punto uscì dalla sala: «Vado a fumarmi una sigaretta», disse. Ma come? Proprio lei... Risposta: «Ormai! Quella bestiaccia l’ho sconfitta tante volte. Non può succedermi nient’altro». 

Era fatta così Sandra: capace di sciogliere il dramma in farsa. La Mondaini ha avuto a Varese un grande amico, Giovani Borghi, la cui corte frequentò negli anni ’60 come madrina della squadra di ciclismo targata Ignis. Erano i tempi di Poblet, Baldini, Panbianco. Il cumenda stravedeva per le belle donne e Sandra lo era. Di biciclette la Miss non capiva nulla, durante la tappe del Giro si annoiava. Un giorno vide patron Borghi con al polso un prezioso orologio piatto. «Che bello», gli disse lanciando un messaggio preciso. E lui: «Uè, mica posso regalartelo, costa un milione». Quanche mese dopo Sandra era a Como con Macario per uno spettacolo. Arrivò un signore in camerino e le portò un pacchetto: «Da parte del signor Borghi». Lei lo aprì e trovò un orologio, non uno nuovo, ma quello del Giovanni col cinturino allargato e ancora sudato. 

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