Le Pari Opportunità dei Padri

padre-figlioSu questo blog abbiamo già parlato dei problemi legati alle separazioni e dei contraccolpi inaccettabili che hanno sugli incolpevoli figli di queste coppie. Troppo spesso i padri si ritrovano ad essere ostaggi delle madri affidatarie, nulla si fa per una parità di diritti tra i genitori e la vicenda del portiere del Brescia, Matteo Sereni, ha riportato a galla la dolorosa verità di tante, troppe vicende familiari. Mi chiedo se le pari opportunità siano soltanto sinonimo di quote rosa e se mai qualche politico si accorgerà che la società è cambiata. Da leggere approfondimenti, interviste e la straziante lettera aperta di Tiberio Timperi "nel nome del figlio, ma anche del padre". Bye, Rex

La dedica di Sereni e il dramma dei padri separati

“Quanto ha denunciato Sereni è la regola”.

A sostenerlo è Ernesto Emanuele, presidente di Papà separati Milano, una della tante associazioni che cercano di aiutare i padri separati dai figli, oltre che dalle mogli, ai quali viene proibito addirittura di sentire i propri bambini per telefono.
Proprio come sta accadendo al portiere del Brescia Matteo Sereni che ieri, al termine della partita con il Palermo, in cui lui è risultato il migliore in campo, ha approfittato delle telecamere per rivolgersi direttamente ai suoi bambini di 5 e 9 anni che non vede più dal giorno della separazione dalla moglie e che da giugno non ha più avuto la possibilità di sentire nemmeno telefonicamente.
Nella stessa condizione di Sereni, tantissimi altri papà: nel 2009, 100.252 bambini (66.406 dei quali minori) sono stati coinvolti in separazioni non consensuali, e 49.087 in divorzi; nell’85% dei casi, i giudici affidano i figli alle madri, e spesso gli accordi e gli obblighi sul tempo da concedere ai papà vengono disattesi o ignorati.
Ing. Emanuele, spesso sono le madri che arbitrariamente decidono di impedire ai propri ex mariti di stare con i figli, ma quali sono i casi in cui il divieto di incontro può essere imposto dalla Legge?
La legge stabilisce che il padre non può più vedere i figli quando c’è una denuncia di mobbing o di violenza da parte della moglie. Se la moglie accusa il marito di usarle violenza, e lo fa anche senza apportare alcuna prova, allora lui deve lasciare la casa e i figli.
Quanto tempo ha a disposizione per farlo?
Due ore. Non sto scherzando. In due ore i padri sotto accusa devono andarsene e sta a loro dimostrare la propria innocenza.
In caso effettivamente lo siano, quanto ci mette la giustizia a riconoscerlo?
Quelli della giustizia sono tempi lunghissimi, possono passare anni. Anni che vengono definitivamente sottratti al rapporto tra padre e figli, rapporto che viene spesso definitivamente compromesso.
Il Tribunale spesso dà ragione alle madri. Ma a volte le sentenze d’appello ribaltano quelle di primo grado riconoscendo le ragioni dei padri. A questo punto che succede?
A questo punto i figli sono diventati maggiorenni e non hanno più intenzione di stare con i propri padri. Le cito il caso di un uomo accusato di atti di libidine quando la figlia aveva 5 anni. Dopo qualche anno è stato assolto ma lo stesso gli è stato impedito di vedere la bambina. Al compimento dei 18 anni la ragazza si è rifiutata di incontrare il padre che nemmeno riconosceva come tale. “io non ti conosco, non sei mio padre, cosa vuoi da me”, questo è quello che si è sentito dire il padre dalla figlia.
Il portiere Sereni ha deciso di rivolgersi alle telecamere, chi non ha la possibilità di rilasciare interviste cosa fa?
Tanti padri vanno fuori di scuola e al supermercato e cercano così almeno di vedere i bambini. Uno di quelli che assisto io è stato denunciato proprio perché si è permesso di avvicinare il figlio all’uscita da scuola, il bambino, ovviamente, si è spaventato e lui si è beccato la denuncia. Un altro si è “intrufolato” tra gli scaffali di un supermercato per seguire il figlio mentre era con i nonni materni a fare la spesa e anche loro non gliel’hanno perdonata. Per non parlare delle madri che se ne vanno a centinaia di chilometri di distanza, una da Milano addirittura fino a Lecce, portandosi dietro i figli per seguire i propri nuovi compagni.
Quali sono le conseguenze di tutto questo?
I costi sociali delle separazioni sono altissimi. I figli che crescono senza padri sono esposti molto più degli altri a droga, alcolismo, bullismo, bulimia, anoressia, abbandono scolastico. Dovremmo chiederci cosa c’è dietro a tanti episodi di cronaca che vedono coinvolti ragazzi giovani che delinquono, uccidono, distruggono.
C’è una speranza per questi padri separati?
C’è se riescono a gestire la separazione dalla moglie con il massimo della civiltà, senza rancore, senza violenza. Solo così potranno riuscire a non separarsi anche dai loro figli.
Sereni, vittoria per i figli 
"Per voi, non vi vedo da mesi"
Para tutto e si sfoga in tv. Il portiere testimonial dei padri separati dai figli. "Dedico il successo ai miei bambini che non incontro da tempo e non per mia volontà" 

MAURIZIO CROSETTI per La Repubblica
Mentre parla ai suoi bambini dentro una telecamera, la voce di Matteo Sereni trema un po', non come le mani che parano tutto. "Dedico questa vittoria ai miei figli che non vedo da molto tempo, e non per colpa mia". Di solito, dopo una partita i giocatori raccontano della prestazione, del risultato, del mister, dei compagni, dei tifosi. Invece Matteo Sereni, 35 anni, portiere del Brescia, migliore in campo ieri contro il Palermo (3-2 il risultato, grazie anche ai voli e ai guizzi del vecchio numero uno), nell'intervista a caldo spalanca una porta sull'abisso in cui spesso precipitano i padri separati, in guerra giudiziaria con le ex mogli. La storia del calciatore è uguale a tante, dolorosa allo stesso modo: nel 2009, 100.252 bambini (66.406 dei quali minori) sono stati coinvolti in separazioni non consensuali, e 49.087 in divorzi. Le vittime sono innanzi tutto loro, oggetti di violenza anche psicologica, costretti a crescere nel parziale vuoto affettivo, usati come merce di scambio o ricatto, ma anche il destino dei padri può essere triste e senza uscita; nell'85 per cento dei casi, i giudici affidano i figli alle madri, e spesso gli accordi e gli obblighi sul tempo da concedere ai papà vengono disattesi o ignorati.

Il portiere del Brescia si è separato dalla moglie Silvia un anno fa. Si conobbero quando lei si occupava di pubbliche relazioni per alcune discoteche genovesi, fu un amore dirompente con tanto di matrimonio esotico su una spiaggia giamaicana. Un'unione atipica e duplice, perché Silvia
era anche la procuratrice del marito: fece scalpore il duro scontro che la signora ebbe con Claudio Lotito, presidente laziale, quando Matteo giocava a Roma. Donna che non teme il muro contro muro e non solo nella professione, la signora Sereni cura anche gli interessi di David Di Michele, appena passato dal Torino al Lecce. Nel primi mesi dopo la separazione, Matteo poteva vedere i figli col contagocce, e da giugno non riesce neppure a sentirli al telefono. Così, l'unico modo per comunicare con Giorgia, 5 anni e con Simone, 9 anni, è stata l'intervista televisiva dopo la formidabile partita.
Il messaggio scritto dal calciatore dentro quella specie di bottiglia che può essere una telecamera, nel giorno in cui il Brescia tornava a giocare e vincere in serie A, in casa, dopo cinque anni, è identico a quello che decine di migliaia di padri separati affidano ogni giorno al web, dove non si contano le associazioni che li tengono uniti, dando possibilità di sfogo e ascolto condiviso, oltre ad assistenza legale e consigli pratici. Su Internet colpiscono le storie di questi uomini, dentro blog e siti che si chiamano "Caro papà", "Figli contesi", "Forza papà", "Figli negati" oppure "Papà separati": dove, per separati, bisogna intendere dai figli e non solo dalle mogli.

Gallerie fotografiche toccanti, nelle quali i padri sfilano cullando bambolotti che simboleggiano i bimbi contesi, e forse perduti. Non è raro che sullo sfondo delle battaglie tra genitori possa esplodere la tragedia: negli ultimi dieci anni, sono stati uccisi in raptus o a sangue freddo 158 minori, trasformati in oggetto di vendetta e follia. Ma vi sono anche pagine e pagine di testimonianze, di sofferenza ma anche di indigenza, perché proprio tra i padri separati sta crescendo enormemente la percentuale dei nuovi poveri che si rivolgono alla Caritas o ai servizi sociali, appelli e lettere che si rivolgono ai piccoli lontani. Un po' come ha fatto Sereni. E la sensazione, molto forte, è che in quei pochi secondi di intervista (gli importava davvero qualcosa, ormai, della grandiosa partita appena disputata?), l'anziano portiere parlasse e soffrisse a nome di tanti.







Siamo noi i padri (separati) di oggi

Di Antonio Carnevale e Cristina Bassi






Più presenti con i figli, meno passivi come educatori, competitivi nei confronti delle compagne. L’argomento è ghiotto: sociologi, scrittori, registi ne vanno pazzi. Raccontare i nuovi padri è ormai un genere letterario e cinematografico. Cercare di definirli sarebbe come cercare di classificare il genere umano. Ma non importa, esperti di ogni estrazione li analizzano da tutti i punti di vista. Anche in relazione alla crisi economica: «Gli uomini sono diventati più attenti perché viviamo nella precarietà» spiega Caroline Gatrell, docente di psicologia all’Università di Lancaster. «Si sono accorti che un lavoro non è per sempre, che una relazione potrebbe finire. Sono i figli l’unica certezza, perché sono per la vita». Sì, finché divorzio non li separi, però. Perché allora i padri italiani iniziano una nuova vita, che negli ultimi anni ha assunto tratti del tutto inediti. E non sempre piacevoli.
«Non sono i separati a essere cambiati negli ultimi anni, ma i padri in generale: rivendicano una maggiore partecipazione alla vita educativa» commenta la sociologa della famiglia Chiara Saraceno. «Quando c’è una separazione, gli uomini non accettano più di essere esclusi. Questo può generare competizione tra gli ex coniugi, ma può anche avere risvolti positivi, attenuare il trauma per i bambini, fare in modo che questi continuino a sentirsi figli dell’uno e dell’altro, senza odi e vendette».
D’accordo, non tutte le separazioni sono traumatiche. Ma come dice Elio Cirimbelli, fondatore di un centro di assistenza a padri separati, «se le coppie fossero capaci di separarsi civilmente, forse non si separerebbe nessuno». Infatti, quasi mai son rose e fiori. E le ripercussioni sulla vita dei padri sono spesso terribili.
«Però, la prego, non scriva il mio nome»: i tentativi di raccogliere le loro storie finiscono puntualmente con queste parole. Ufficialmente «per proteggere i miei figli», «stanno già soffrendo abbastanza, non c’è bisogno che il nome del padre finisca anche sui giornali». Ma quando le difese emotive si abbassano spunta un altro motivo: «Essere un padre separato oggi fa quasi vergognare di sé» confessa timidamente qualcuno.
Eccoli allora: battaglieri in tribunale, ansiosi di condividere giornate con i pargoli, ma anche fragili, disorientati, divorati dal senso di colpa e incattiviti dagli espedienti giuridici che vanificano le buone intenzioni dei legislatori. Perdere in un solo colpo i figli, la casa e gran parte del proprio reddito significa per molti aggiungere al dolore della separazione una dura botta alla propria autostima.
Senza però dimenticare quelli che continuano a considerare il finesettimana con i figli un diritto e non un dovere educativo, che nelle ore in cui potrebbero stare coi bambini li lasciano a una baby- sitter, che non pagano l’assegno di mantenimento alle mogli. «Spesso le madri sono costrette a una continua questua per ottenere ciò che spetta loro» ricorda Anton Giulio Lana, avvocato esperto di diritto della famiglia.
«Ma se il marito viene dichiarato inadempiente, c’è uno strumento in più: l’ordine di pagamento da parte del suo datore di lavoro, che passa gli alimenti all’ex moglie deducendoli dallo stipendio». Silvana Quadrino, psicoterapeuta della famiglia, avverte: «Se un uomo non sentiva il legame della paternità nella coppia, diventa difficile imporglielo dopo la separazione, in termini sia affettivi sia economici. Col risultato che tutto torna a gravare sulle spalle delle madri. Le quali inoltre, soprattutto se i figli sono piccoli, percepiscono ancora l’accudimento in modo più naturale. I padri devono fare uno sforzo in più».
Mette in guardia dai luoghi comuni Umberta Telfener, psicoterapeuta della coppia: «Gli italiani in genere sono buoni genitori, quando però non usano i figli per continuare a dare battaglia all’ex coniuge perché non accettano la separazione. E questo lo fanno sia gli uomini sia le donne».
Andrea B., milanese, separato da un anno e con due figli affidati alla ex moglie, sdrammatizza: «Lo sa che differenza c’è tra un uragano e una donna? Nessuna, quando passano si portano via la macchina, la casa e tutto quello che c’era dentro». Maschilismo che tradisce rancore, certo. Ma l’umorismo amaro di Andrea non è lontano dalla delusione di Marino Maglietta, colui che per anni si è battuto per la nuova legge sull’affido condiviso (la numero 54 del 2006). «Con l’associazione Crescere insieme abbiamo messo a punto il testo. Ci sono volute quattro legislature per fare approvare la legge. Due anni fa è entrata in vigore. E oggi ci troviamo di fronte a un vero tradimento» sbotta. «L’obiettivo era quello di dare al minore il diritto di mantenere un rapporto continuo con entrambi i genitori. Doveva sancire la fine delle liti su soldi e tempi da destinare ai figli. Invece la maggior parte dei tribunali applica la legge solo pro forma, rifacendosi alla giurisprudenza precedente». Tradotto in soldoni: quasi sempre il figlio è affidato alla moglie, l’assegnazione della casa segue il figlio mentre il mutuo si divide a metà. In più la parte economica, che dovrebbe essere calcolata per capitoli di spesa e ripartita tra i due coniugi, è invece ancora il vecchio assegno di mantenimento.
«La legge attuale contiene troppe ambiguità» ammette Maglietta «per questo abbiamo lavorato a un nuovo disegno di legge (il numero 957) che presto sarà discusso in Senato. Il testo propone il doppio domicilio per il figlio, precisa gli oneri di entrambi i coniugi e indica l’istituto della mediazione familiare come strumento obbligatorio per le coppie che intendono divorziare».
Gli istituti di mediazione familiare sono sparsi in tutto il territorio nazionale. Sono associazioni private che aiutano le coppie a lasciarsi nel modo meno doloroso possibile. In Trentino e in Alto Adige sono gratuiti e permettono di arrivare a separazioni consensuali senza bisogno di assistenza legale privata. Bolzano è anche la prima provincia italiana che ha visto nascere, lo scorso ottobre, i condomini per separati. «Abbiamo esteso loro il diritto agli appartamenti dell’Ipes (Istituto per l’edilizia sociale), destinati un tempo soltanto a extracomunitari e portatori di handicap, perché fare fronte alla questione dei padri separati significa arginare un fenomeno di nuova povertà» spiega il vicepresidente della provincia Mauro Minniti.
La denuncia arriva anche dalla Caritas: nei dormitori, alle mense, aumentano gli uomini separati in difficoltà. La Liguria, prima regione in Italia per numero di divorzi, corre ai ripari lavorando a una legge che offra sostegno legale, psicologico ed economico ai padri. A Milano, vicino al Parco Sempione, è nato invece il centro Giopà: uno spazio colorato e pieno di giochi per i papà che non hanno un luogo adatto dove incontrare i figli.
Intanto molti padri cominciano a fare conoscenza con una nuova categoria psicologica: la sindrome da alienazione genitoriale (Pas). «Si tratta dell’indottrinamento di un genitore che spinge il figlio a odiare l’altro genitore» spiega Chiara Soverini, psicologa dell’associazione Padri separati: «Se viene riconosciuta può portare a un ribaltamento dell’affidamento. Ma recentemente la strategia che va per la maggiore è l’accusa di abusi sessuali, perché è il modo più sicuro per non fare più vedere il figlio al genitore accusato». Lo conferma Vittorio Apolloni, fondatore del Centro di documentazione falsi abusi sui minorenni: «Secondo i dati del centro, l’86 per cento delle separazioni sfocia in una denuncia per maltrattamenti, violenze o abusi» spiega. «Nel 95 per cento di questi casi i padri vengono poi dichiarati innocenti, ma nel frattempo, dalla denuncia fino alla fine dell’iter giudiziario, hanno speso moltissimi soldi in avvocati e spese legali».
Quando va bene. Nel peggiore dei casi invece l’iter è quello che è toccato a Sergio Nardelli, la vittima più nota di questa accusa infamante: due mesi di carcere, tre anni di udienze, un lavoro perso, una cantina di 7 metri quadrati come casa. Dichiarato innocente, ancora aspetta giustizia.
I numeri:
200mila: i padri separati in Italia.
90 per cento: la media di applicazione dell’affido condiviso nei principali tribunali d’Italia (dato aggiornato al marzo 2008). Nel 2006, anno in cui è stata introdotta la legge, era del 28% (fonte Istat).
90 per cento: la percentuale delle cause con affidamento alla madre in cui il padre è tenuto a versare un assegno di mantenimento per i figli pari in media a 400 euro
71 per cento: la percentuale dei casi in cui l’abitazione va all’ex moglie
61.153: i divorzi in Italia nel 2007

Tiberio Timperi: Nel nome del figlio

Mercoledì, primo settembre. Non vedo mio figlio dal 16 agosto. Le vacanze sono ormai finite. Tra poco lo riabbraccerò. Muto. Il citofono di quella che una volta era casa mia, rimane muto. Telefono. Squilli a vuoto. Sms. Dopo una mezz’ora che dura una vita, la risposta: «Ti richiameremo». Non mi resta che il 112. Pattuglia dei carabinieri. Saliamo su. È la prima volta da quando, 5 anni fa, mi sono separato. Stomaco chiuso, ansia, ricordi. E quella porta.


Il led dell’allarme rosseggia beffardo. Il campanello suona a vuoto. Caserma. Denuncia. Il carabiniere, forse padre anche lui, legge nei miei occhi una silenziosa supplica. Chiama al telefono la madre di mio figlio. Dall’altra parte, il nulla. Tre giorni dopo, mio malgrado, la notizia è sul Corriere della Sera. Per cinque anni, cinque lunghissimi anni, ho taciuto ma capisco che è arrivato il momento di raccontare la mia esperienza. Esperienza comune, purtroppo, a molti padri, vittime di soprusi silenziosi. La madre, quasi sempre affidataria, può facilmente ostacolare il rapporto padre–figlio. Anche se c’è un provvedimento favorevole al papà. Basta un certificato medico. O non rispondere al telefono. Sono un buon padre. Non sono parole mie o di mio figlio ma del Tribunale. Buono al punto tale che l’ultimo provvedimento non solo mi concede più tempo ma anche la possibilità di vederlo liberamente. Sulla carta un provvedimento illuminato. In realtà, ogni volta che lo chiedo fuori dalla rigida gabbia stabilita dal giudice, la risposta è sempre la stessa: no. Vero, in questi giorni la Cassazione ha riconosciuto i danni morali di un padre il cui rapporto con il figlio era ostacolato dalla madre affidataria. Non commento la sentenza ma non posso fare a meno di pensare che, in casi come questo, si preferisca sanzionare simbolicamente la madre piuttosto che affidare il bambino al padre. Dimenticavo, siamo in Italia. Qui, la mamma è sacra. Anche quando causa danni morali. Già, danni morali. Sono stato denunciato per aver maltrattato mio figlio, picchiato l’ex cognata, ingiuriato l’ex moglie e accusato di violenza privata. Praticamente un mostro. In realtà, questo, è il frutto della strategia processuale: ogni accusa, vera o falsa che sia, è lecita. Con buona pace della deontologia professionale. Ancora è viva in me la vergogna per aver sentito riecheggiare il mio cognome per i corridoi del Tribunale penale di piazzale Clodio. Le accuse? Archiviate. Interessanti le motivazioni. Una su tutte:  «…le dichiarazioni delle denuncianti non possono considerarsi del tutto attendibili…». Facile accusare, calunniare e insinuare quando si svolge, come nel mio caso, un lavoro pubblico in un noto luogo di perdizione come quello della tv…
Chi mi risarcirà degli sguardi carichi di sospetto quando accompagnavo mio figlio a scuola?
Sono cinque anni che la mia vita viene scandita dalle udienze del Tribunale. Dove l’orientamento culturale è quello che fa del padre un genitore di serie B.  Nonostante la legge sul condiviso stabilisca pari dopportunità tra padre e madre. Tutto deve cambiare affinché nulla cambi. Il figlio viene sempre «collocato» presso la madre. Anche quando questa è «malevola». Leggete su Google: si tratta di una sindrome caratterizzata da false denunce, calunnie, eccesso di contenzioso legale e alienazione parentale. La Giustizia però, sembra non abbia voglia o tempo di distinguere in aula chi aggredisce e chi viene aggredito. Chi mente e chi dice la verità. In questi casi, per la Giustizia sei solo una coppia conflittuale e basta. Anche se cerchi solo di far valere i diritti tuoi e di tuo figlio. Al punto che se chiedi il cambio di collocazione del minore, magari ci sta viste le scorrettezze, ti senti rispondere che a sei anni è troppo piccolo. E se insisti, all’orizzonte ti prospettano i servizi sociali o, peggio, la sistemazione in una casa famiglia. Fate attenzione: piuttosto che privilegiare il padre rispetto a una madre palesemente inadeguata, si affida il minore a una casa famiglia! E avanti il prossimo.
Non basta una legge, quella sul condiviso, per cambiare usi e costumi, all’istante.
La realtà è che in Italia, una volta separati, non ci sono pari opportunità tra padre e madre. Il padre perde figlio e casa in un colpo solo. E il suo stipendio, che prima bastava per una famiglia, ora deve bastare (basta?) per due. Io mi reputo fortunato. Ho sufficienti risorse economiche e visibilità. Visibilità che metto al servizio di quell’esercito di padri senza volto che mangiano alla Caritas, che dormono in auto o che sono in lista per entrare nelle case accoglienza per padri separati.
È una battaglia lunga e dolorosa. So di non essere solo e non ho intenzione di mollare.
Nel nome del figlio. Ma anche del padre.
Fonte: Panorama.it

Post più popolari