Coca Cola Ducale

In poche parole... NON SI PUO' GUARDARE! Eliminate questa oscenità al più presto possibile, a tutto c'è un limite! Bye, Rex
Il Doge abitava a Palazzo Coca-Cola
Marco Belpoliti per LaStampa.it
Dove sono finiti i «persuasori occulti» evocati da Vance Packard alla fine degli Anni Cinquanta in un celebre libro? Da almeno trent'anni i persuasori sono diventati palesi ed estensivi.
Tutto ora nella pubblicità è sempre più grande: XXL. O almeno a Venezia è così. I turisti che nottetempo, dondolati dalle onde della Laguna, comodamente adagiati in gondola, arrivano vicino al Ponte dei Sospiri, chiedono al remigante: «Ma dov'è il Palazzo Ducale?». Al posto dell'edificio storico, uno dei monumenti più visitati del mondo, in uno dei suoi angoli, c'è un cartellone pubblicitario della Coca-Cola, illuminato da fari, a colori sgargianti, rosso e azzurro, che rende invisibile l'intero palazzo.
Se n'era accorto il Fai che già questa estate in un breve comunicato aveva sintetizzato il problema: l'intera zona del Ponte dei Sospiri, le Prigioni, la zona di Sant'Apollonia e il canale sottostante, non erano più leggibili, anzi addirittura invisibili, a causa di un'imponente copertura pubblicitaria. Nello stigmatizzare il fatto, il Fondo dell'Ambiente ricordava che la manutenzione degli edifici storici, in una città così delicata, investita dal turismo di massa, come Venezia, era un fatto necessario, mentre oggi le amministrazioni non dispongono più di fondi adeguati; ci vogliono ovviamente degli sponsor. Tuttavia l'installazione appare così eclatante e abnorme da superare ogni limite.

Ora arriva un intervento autorevole, e internazionale, dei direttori di alcuni dei maggiori musei europei e americani, lettere pubblicate da riviste di settore, architetti, e opinion leader, tutte sollecitazioni che chiedono ragione di questo sfregio al patrimonio artistico italiano al ministro Bondi. Tom Kington, che sul «Guardian» ha raccontato la vicenda, ha ribattezzato il Ponte dei Sospiri con l'omofono, in inglese, Ponte dei Segni, e così ha evocato, forse inconsapevolmente, Jean Baudrillard e la sua «economia politica del segno». Il filosofo francese scriveva oltre trent'anni fa che nella società contemporanea la pubblicità gioca liberamente senza regole; la sua forza infatti risiede non tanto sulla capacità di persuasione, come Packard e gli altri studiosi ritenevano, bensì sul fatto che «ci libera dalla tirannia di tutti i giudizi, consegnandoci al piacere immediato di un puro défilé di immagini che non ci obbliga più a niente». La pubblicità, Small, Medium o Extra Large che sia, appare «al di là del vero e del falso, come la moda è al di là del brutto e del bello, come l'oggetto moderno, nella sua funzione di segno, è al di là dell'utile e dell'inutile».

Considerazioni che appaiono ancora valide. Venezia, con la sua storia e la sua malinconica e inesausta bellezza, ce lo fa oggi capire. E nonostante che il turismo di massa l'abbia trasformata in un parco tematico, il telone disteso sull'angolo di Palazzo Ducale tra cieli azzurri, nuvole bianche e sole che nasce radioso da una inconfondibile bottiglietta di Coca-Cola, ci ricorda che ci sono segni e segni. Quelli della Venezia di pietra, degli archi, delle colonne, dei merletti di marmo e delle policromie, ci piacciono, nonostante tutto, di più di quelli della pubblicità scoppiettante di un famoso brand di una multinazionale delle bibite.


Il mondo dell'arte scrive a Bondi
"Liberi Venezia dalla pubblicità"


La petizione firmata anche dal direttore del British Museum e da quello del Moma di New York
VENEZIA
«Dov'è il Palazzo Ducale?», si chiedono i turisti che visitano Venezia. «E' nascosto sotto tutti gli annunci pubblicitari», risponde Aldo Reato, presidente dell'ente Gondola veneziano.
E' in corso in questi giorni un acceso dibattito politico-culturale innescato dallo scambio epistolare fra personalità del mondo dell'arte e il governo italiano, riportata dalla stampa britannica. Oggetto della diatriba, gli edifici storici di Venezia coperti alla vista dei turisti.

Un gruppo di architetti e di esperti d'arte ha accusato infatti il governo italiano di permettere che molti palazzi del centro storico del capoluogo veneto siano coperti da pannelli pubblicitari. Il direttore del British Museum, del Victoria & Albert Museum e del Moma di New York sono alcuni fra i firmatari di una petizione in cui si chiede che il ministro alla Cultura italiano Sandro Bondi dichiari illegali le affissioni, in quanto «catturano la vista e rovinano l'esperienza di una delle più belle creazione del genere umano», come cita il quotidiano Guardian.

La lettera, pubblicata su Art Newspapwer in cui compaiono anche le firme di personaggi come l'architetto Norman Foster e i direttori dei musei di Boston, Dresda, Stoccolma e dell'Hermitage di San Pietroburgo, accusa il governo italiano di non rispettare la classifica dell'Unesco che pone Venezia come sito del patrimonio mondiale.

La storia comincia nel 2008 quando la mancanza di finanziamenti per il restauro degli edifici storici ha costretto il Comune ad offrire spazi pubblicitari sui pannelli che coprivano le impalcature dei palazzi che circondano piazza San Marco e lungo il Canal Grande. Quest'estate poi la situazione è precipitata quando una pubblicità della Coca Cola ha completamente oscurato la vista del Ponte dei Sospiri dietro Palazzo Ducale. A sollevare la questione un gruppo di ambientalisti locali: ora è soprannominato il "ponte dei cartelli", lo spazio pubblicitario è affittato a 40.000 euro al mese, e in questo periodo campeggia alta l'immagine dei gioielli di Bulgari.

A scatenare l'ira degli esperti d'arte è stata anche la decisione del Consiglio veneziano di illuminare i pannelli durante la notte. «Vi è ora un cerchio di luce intorno al campo da tennis a Santa Maria della Salute», ha spiegato Anna Somers Cocks presidente del fondo Venice in Peril che ha avvallato la lettera. «Così facendo portano via le tenebre meravigliose di Venezia», ha aggiunto, precisando che gli annunci potrebbero essere illegali secondo una legge italiana che vieta le pubblicità nel caso in cui rechino danno al decoro, all'aspetto e al godimento pubblico degli edifici del centro storico.

Informato solo venerdì dell'esistenza della lettera, il ministro Bondi ha lasciato detto che impegni presi in precedenza gli impedivano di rispondere. A intervenire è stato invece il sindaco veneziano Giorgio Orsoni, che si è detto stupito delle critiche: «I pannelli sono stati messi per la sicurezza e non vedo perchè, come in altre città italiane, non possano essere usati come pubblicità». Orsoni ha poi precisato che i 2,8 milioni di euro spesi per il rifacimento del Palazzo Ducale e del Ponte dei Sospiri sono interamente coperti dalle entrate pubblicitarie, dal momento che il Comune non ha più ricevuto finanziamenti pubblici da Roma.

Mentre il "Venice in Peril" continua a caldeggiare altre soluzioni, «altrimenti Venezia sarà completamente ricoperta da pannelli pubblicitari», una proposta è giunta dall'assessore al Bilancio della Regione Veneto, Roberto Ciambetti: utilizzare per il restauro le somme ricavate dalla vendita dei beni confiscati alle mafie.

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